Fra i tumori della pelle sono al tempo stesso i più diffusi ma anche i meno conosciuti e discussi, nonostante rappresentino, secondo i dati, le forme tumorali più frequenti fra le donne dopo il cancro del seno: stiamo parlando dei tumori non-melanoma, che incidono per il 15% almeno sul totale di quelli cutanei.

Più numerosi in assoluto sono i basaliomi o carcinomi basocellulari, con cento casi ogni 100 mila abitanti, seguiti dai carcinomi squamocellulari con i loro 25 casi su 100 mila abitanti.

Più rari sono invece da considerarsi il carcinoma a cellule di Merkel e il sarcoma di Kaposi. A parlarne a Dermakos, illustrando sia i diversi livelli di rischio a essi correlati sia i possibili trattamenti, è il dermatologo Nicolò Rivetti, dell’ambulatorio di Dermatologia dell’Istituto clinico Beato Matteo (gruppo San Donato) con sede a Vigevano, in provincia di Pavia.

Tumori della pelle non-melanoma: le condizioni agevolanti

Tumori cutanei non melanoma
Il dottor Niccolò Rivetti

Innanzitutto, a tracciare una linea di demarcazione fra il basalioma e il carcinoma a cellule squamose è l’origine cutanea, dalle cellule spinose il secondo e, il primo, da quelle basali. «Per ambedue le tipologie – osserva Rivetti – i fattori di rischio sono analoghi e in parte non dissimili da quelli che caratterizzano i melanomi. L’esposizione ai raggi ultravioletti, in primo luogo: infatti, i tumori cutanei non-melanoma si sviluppano in particolare sul viso, il decolleté, il dorso delle mani e dunque su tutte le zone del corpo che più a lungo e spesso rimangono scoperte. C’entrano l’eventuale precedente insorgenza di altri tipi di cancro della pelle e l’età, se superiore ai 50 anni; e corresponsabili possono essere le malattie che deprimono il sistema immunitario, come l’HIV, o le terapie immunosoppressive. Né vanno trascurati i pericoli legati al fumo o al papillomavirus, di cui alcuni ceppi degenerano in tumori squamocellulari in zona anale e genitale».

L’importanza di una diagnosi precoce

A favorire la curabilità alta dei tumori della pelle non-melanoma è la precocità della diagnosi. E quel che può o deve far sorgere qualche sospetto è la formazione di placche e rilievi sulla superficie cutanea, o ferite che non guariscono spontaneamente, tendono ad arrossarsi e ad acquisire una colorazione differente dalla pelle sana circostante.

Il dermatoscopio è lo strumento diagnostico principe e garantisce riscontri immediati. «Prima si esegue l’analisi – sottolinea Rivetti –, minori sono i rischi che il tumore si ingrandisca e finisca per impattare l’organismo in maniera più o meno grave. Il basalioma non dà origine a metastasi, per esempio, ma può estendersi ed erodere le strutture sottocutanee o generare infezioni. Il suo è un processo di sviluppo piuttosto lento: possono servire anni, perché degeneri. Diverso e ben più aggressivo è il comportamento del carcinoma squamocellulare, che cresce molto più rapidamente e ha effetti potenzialmente distruttivi: può creare metastasi e ha differenti gradi di malignità. Sebbene le sue manifestazioni cliniche siano simili a quelle tipiche del basalioma, per effettuare una diagnosi circostanziata è necessario un esame ecografico al livello dei linfonodi».

Possibilità di trattamento

Le dimensioni di un tumore cutaneo squamocellulare dei tipi più aggressivi possono raddoppiare o passare da pochi millimetri a più centimetri nel volgere di pochi mesi: per dirsi precoce la diagnosi dev’essere redatta a due-tre mesi dall’insorgenza al massimo, al più tardi entro un semestre.

Nonostante la cheratinizzazione, continua a crescere e l’asportazione per via chirurgica è la sola garanzia di una rimozione radicale, a maggior ragione nel caso dei tumori squamocellulari, poste le buone condizioni del soggetto e l’assenza di fattori ostacolanti quali l’assunzione di anticoagulanti. Né mancano le alternative farmacologiche efficaci. «Imiquimod – spiega il dermatologo del Beato Matteo – è una crema da utilizzare ogni sera sotto prescrizione dermatologica: innesca una reazione infiammatoria mirata verso le cellule tumorali e attiva il sistema immunitario per aggredirne la massa. Può dare adito a una sensazione di bruciore e a un rossore dovuto proprio all’azione che il farmaco esercita verso le cellule tumorali».

Sin dagli anni Sessanta è disponibile 5-Fluorouracile, altra crema da applicare quotidianamente per bloccare la replicazione delle cellule tumorali e la loro evoluzione. L’effetto collaterale sta nel manifestarsi di infiammazioni, croste e bruciori. Il trattamento dura trenta giorni, cui segue una rivalutazione; ma può arrivare talvolta a otto settimane intervallate da pause; o cinque volte la settimana per sei settimane per i basaliomi.

La terapia fotodinamica

Più costosa è la terapia fotodinamica. «Si basa sul principio attivo 5-aminolevulinato che viene lasciato in posa sulla zona interessata in ambiente buio, o ricorrendo a una fasciatura, per due-tre ore, durante le quali il farmaco viene assorbito dalla pelle – spiega Rivetti –. Successivamente, il principio attivo viene irradiato con lampade a luce rossa e si trasforma così a tutti gli effetti in farmaco in grado di distruggere le cellule tumorali. Una sola confezione dell’attivo può costare sino ai mille euro; e per un buon esito sono necessarie almeno tre sedute in tre mesi».

La soluzione chirurgica resta privilegiata per efficacia e perché diminuisce i rischi di recidiva, comunque limitati al 20% dei casi, poiché sempre seguita da opportuno esame istologico. È chiaro che i passi avanti dell’imaging stanno dando una mano alla dermatologia, grazie per esempio ai microscopi confocali; e un ulteriore supporto viene dallo sviluppo dei farmaci biologici.

«Il basalioma ricorrente invasivo non trattabile chirurgicamente può essere gestito appunto con farmaci biologici quali vismodegib, prescrivibile solo dagli oncologi e indicato per tumori di ampie dimensioni in zone difficilmente aggredibili chirurgicamente quali volto e regioni perioculare, periorale e perinasale», conclude il dermatologo.