Prima che si scoprissero i danni che potevano causare, i filler permanenti, capostipite dei quali è l’olio di silicone, erano i prodotti più utilizzati nel mondo per fini estetici. Nel 1992 è stato vietato l’utilizzo del silicone in Italia e in altri Paesi europei. Ciò nonostante, a distanza di ben 32 anni dall’introduzione del divieto, specialisti come la dottoressa Giovanna Zaccaria si trovano a dover intervenire per risolvere le complicanze causate dall’uso di questa sostanza e di altri filler permanenti.

Chirurgo plastico presso l’unità di Chirurgia plastica dell’IRCCS Ospedale Galeazzi-Sant’Ambrogio di Milano (Gruppo San Donato), e del Palazzo della Salute-Wellness Clinic, sempre nel capoluogo lombardo, Zaccaria ha tracciato per Dermakos un quadro completo della situazione. «Inizialmente, quando non esistevano ancora filler a base di acido ialuronico (sostanza riassorbibile), prodotti come l’olio di silicone, metacrilati e poliacrilamide venivano utilizzati perché sembravano garantire risultati duraturi in termini di rimodellamento e riempimento degli zigomi, delle labbra e di altre parti del viso. Promettevano di dare una risposta definitiva agli inestetismi provocati soprattutto dall’invecchiamento. Là dove emergevano problematiche di varia entità, venivano scambiate con patologie odontoiatriche, reazioni allergiche e/o patologie autoimmuni. Non si pensava fossero legate alla presenza di filler permanenti. Con il passar del tempo e con l’aumento delle complicanze, si è notato che questi filler, permanenti e quindi non riassorbibili dal nostro organismo, possono provocare reazioni infiammatorie ed infettive acute e croniche, anche a distanza di 20/30 anni dall’infiltrazione. Le complicanze si presentano sotto forma di noduli, ascessi, tragitti fistolosi, parestesie e severe alterazioni della sensibilità, sensazioni di prurito ed eritemi, difficoltà della mimica, gonfiori, autentiche deturpazioni del viso».

Filler permanenti: cura a lungo termine

Chirurgo plastico presso l’unità di Chirurgia plastica dell’IRCCS Ospedale Galeazzi-Sant’Ambrogio di Milano (Gruppo San Donato), e del Palazzo della Salute-Wellness Clinic,
Chirurgo plastico presso l’unità di Chirurgia plastica dell’IRCCS Ospedale Galeazzi-Sant’Ambrogio di Milano (Gruppo San Donato), e del Palazzo della Salute-Wellness Clinic,

Al di là e unitamente al danno fisico, vi è da considerare l’impatto psicologico che le complicanze provocavano e provocano, essendo il volto il biglietto da visita di ognuno nel rapporto col mondo. Per porre rimedio agli effetti collaterali dei filler permanenti è necessario affrontare un percorso di cura alle volte lungo e complesso, che inizia con una visita e un esame ecografico attraverso i quali si identificano la sede del filler e della relativa infiammazione che può interessare anche sedi vicine alla sede del filler e la tipologia del materiale usato. «Bisogna però pensare – spiega Zaccaria – che l’olio di silicone infiltra i tessuti come una spugna e non può esserne rimosso del tutto o chirurgicamente. La terapia si basa sulla rimozione del filler che ha causato infiammazione/infezione e la cura di quest’ultima attraverso una terapia antibiotica mirata e di lunga durata che può andare dalle 4 alle 6 settimane. L’infezione si stabilisce in realtà già al momento dell’iniezione, dalla cute non accuratamente disinfettata. I batteri vengono introdotti insieme al filler e restano quiescenti sino al verificarsi di un fenomeno scatenante, che può essere rappresentato da una puntura d’insetto o da situazioni di calo delle difese immunitarie o dall’esecuzione di altre operazioni chirurgiche e odontoiatriche senza adeguata copertura antibiotica, che portano all’attivazione di quei batteri che sono rimasti quiescenti per anni».

La tecnologia laser ha permesso di raggiungere risultati interessanti perché permette di rimuovere la maggior parte del silicone che dà reazioni infiammatorie, senza creare ulteriori danni e/o cicatrici deturpanti.

Metacrilati e poliacrilamide: approcci e risultati

«Anche i filler permanenti a base di metacrilati possono essere rimossi per l’80-90% con il laser. Come per il silicone, di solito sono necessarie più sedute e tutto dipende dalla quantità di sostanza iniettata – prosegue Zaccaria –. Il trattamento laser, come qualsiasi procedura laser, non è indolore, però è un dolore sopportabile e ha una durata di solito dai 15 ai 30 minuti. La poliacrilamide ha una consistenza diversa e questo fa sì che essa possa essere rimossa con una semplice procedura chirurgica di incisione e drenaggio».

Rimane il fatto che tutt’ora, nonostante il divieto, medici e non continuano a iniettare filler permanenti. La ragione è anche economica: «Una fiala di olio di silicone si trova su internet a prezzi che si aggirano attorno ai 20 euro; l’acido ialuronico (del quale parleremo in un altro articolo, ndr) costa quattro volte tanto». Ma certo il gioco non vale la candela. «Gestisco ogni mese pazienti con complicanze da filler permanenti. La medicina estetica attraversa da anni un indiscusso boom di richieste e la normativa lascia purtroppo aperte delle zone d’ombra delle quali è facile che qualcuno si approfitti. Alcune sostanze non sono esplicitamente vietate, ma non per questo sono scevre da possibili effetti indesiderati. Non solo: la messa al bando di silicone, metacrilati e poliacrilamide non tocca tutte le aree del pianeta: con frequenza crescente si devono curare persone che hanno subito trattamenti in Paesi stranieri».