Cicatrici post acneiche: tecniche combinate di resurfacing

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Figura 5 -ApriUna delle condizioni più comuni e difficili da trattare in dermatologia sono le cicatrici post acneiche. Queste lesioni richiedono più di una sessione di trattamento e più di una modalità applicativa per essere migliorate con successo. Il resurfacing frazionale con laser CO2, associato a radiofrequenza bipolare, è in grado di migliorare significativamente le cicatrici derivanti da una perdita tissutale. La combinazione con Dye laser 595 nm trova efficacia negli esiti cicatriziali post acneici con formazione di tessuto in esubero e con un quadro infiammatorio ancora presente.

 

di Giovanni Cannarozzo 1-3, Cristiano Morini 1-3, Mario Sannino 1-3, Piero Campolmi 2

1 Clinica Dermatologica Università degli Studi di Roma Tor Vergata
2 Clinica Dermatologica Università degli Studi di Firenze
3 GILD-FTP (Gruppo Italiano Laser Dermatologia – Formazione Teorico Pratica)

 

L’acne è una patologia comune che colpisce una buona parte della popolazione giovanile. Viene stimato che circa l’80% delle ragazze e il 90% dei ragazzi sviluppi qualche manifestazione acneica durante gli anni dell’adolescenza e della giovinezza 1 anche se, secondo dati epidemiologici recenti, sembra che un significativo declino di questa patologia si realizzi solo dopo i 45 anni 2. Questa malattia può comportare importanti disagi psichici, bassa autostima con associati disturbi relazionali ma, nonostante questo, solo pochi pazienti si rivolgono al medico per un appropriato trattamento e coloro che lo fanno aspettano in genere più di un anno 3. Le cicatrici, che interessano circa il 90% dei pazienti, sono in rapporto con la risposta infiammatoria profonda che si scatena a seguito della rottura del follicolo pilosebaceo, ma sono anche in relazione con il ritardo nell’inizio di una cura adeguata 4.

Cicatrici a crescita esuberante

Le cicatrici dell’acne si possono dividere in due principali gruppi: quelle costituite dalla formazione di tessuto esuberante e quelle che derivano dalla perdita di tessuto. Queste ultime sono di gran lunga le più frequenti.

I cheloidi, che rientrano nel primo gruppo, sono caratterizzati da un deposito eccessivo di tessuto fibroso che eccede i limiti del danno iniziale; queste cicatrici non vanno incontro a una regressione spontanea ma al contrario possono accrescersi, si sviluppano più frequentemente in alcuni distretti corporei come la zona sternale e quella auricolare e riconoscono l’influenza di fattori genetici. Le forme ipertrofiche, a differenza dei cheloidi, non eccedono mai i limiti del danno iniziale e occasionalmente possono andare incontro a una regressione. In queste forme con tessuto in esubero possono essere utilizzati diversi approcci terapeutici tra i quali ricordiamo i farmaci steroidei come il desametasone, il metilpredisolone e sostanze affini che hanno proprietà immunomodulanti e antinfiammatorie e che vanno a modificare l’espressione di enzimi e citochine legate al processo infiammatorio delle lesioni 5. In genere si ricorre a una attenta somministrazione intralesionale di steroidi con miglioramento del quadro generale in oltre il 50% dei soggetti, ma con possibilità di recidiva compresa tra il 9 e il 50% 6. A oggi tale terapia non viene effettuata da sola ma in associazione ad altre opzioni, come ad esempio il trattamento laser.

Per le forme cheloidee l’approccio chirurgico è da evitare per l’alto rischio di recidive (50-100%). Buoni risultati si ottengono invece trattando le lesioni in fase precoce con Dye laser 595 nm che agisce sul microcircolo del processo infiammatorio, promuove la normalizzazione dell’attività dei fibroblasti e regola l’induzione di alcune citochine con ripercussioni importanti sul ciclo cellulare 7. Il trattamento con Dye laser 595 nm può essere ripetuto finché nella lesione è possibile rilevare una raggiungibile componente vascolare (diagnostica non invasiva multispettrale). Anche la luce pulsata (IPL) sembra dare importanti risultati non solo nelle sequele acneiche pigmentate ma anche nelle cicatrici esuberanti 8. Si ritiene che il bendaggio con silicone possa apportare benefici attraverso una migliore idratazione della lesione, mentre le variazioni di compressione, temperatura e pressione di ossigeno non avrebbero un ruolo fondamentale. È stato proposto anche l’utilizzo intralesionale di agenti chemioterapici come il 5-fluorouracile e la bleomicina; tali trattamenti sembrano fornire buoni risultati, ma sono associati al dolore dell’infiltrazione e al possibile sviluppo di necrosi e ulcerazione della zona trattata 9, 10 per cui non si possono considerare oggi come una terapia standard. Anche la crioterapia è stata proposta, ma questa metodica ha un’alta probabilità di favorire lo sviluppo di esiti ipocromici e richiede un lungo tempo di guarigione. L’uso dell’interferone nel trattamento delle lesioni ipertrofiche è stato studiato per il suo effetto sulla sintesi del collagene: la produzione di collagene è infatti inibita dall’ IFN-α, IFN-β e IFN-γ 11.