Pubblichiamo di seguito un approfondimento a cura di Aideco (Associazione Italiana di Dermatologia e Cosmetologia)

L’utilizzo di filler per l’aumento dei tessuti molli mediante l’espansione di volume è cresciuto notevolmente negli ultimi tre decenni. Il crescente ricorso a questa procedura medicoestetica può essere spiegato dalla loro efficacia e versatilità, nonché da un favorevole profilo di sicurezza (1).

In seguito a una migliore comprensione del processo di invecchiamento del viso e al concomitante aumento di filler disponibili sul mercato, l’uso di questi dispositivi medici si è evoluto nel tempo.

Le procedure mininvasive per la correzione dei difetti del viso legati all’età sono diventate molto comuni, non solo per i tessuti molli superficiali, come la pelle e il tessuto sottocutaneo, ma anche per gli strati anatomici profondi del viso (2).

L’impianto dei filler, infatti, non si effettua più solo a livello di rughe e pieghe del volto, tipicamente le nasolabiali o le rughe di espressione attorno agli occhi e alla bocca, ma anche più in profondità, a livello sottocutaneo e sovraperiosteo, per ridefinire i volumi del volto e dare sostegno ai rilievi ossei che con l’invecchiamento tendono a regredire, come quelli del distretto facciale medio e inferiore.

Oltre che come strategia antiaging, un impianto di filler può essere utilizzato anche per la cosiddetta “beautification” nei soggetti più giovani, ovvero il miglioramento del volume di labbra o degli zigomi, per la correzione del dorso del naso, oppure per aiutare la differenziazione di genere, e quindi per la mascolinizzazione o femminilizzazione del volto, ad esempio durante i processi di cambiamento di sesso, o ancora nel rimodellamento di aree extra-facciali.

I filler variano nella composizione, nella durata dell’effetto, nella palpabilità, nella facilità di somministrazione, nelle potenziali complicanze e in altri fattori che influenzano il risultato finale (3).

La diffusione sempre maggiore di filler nella pratica clinica è certamente attribuibile all’introduzione dei riempitivi a base di acido ialuronico, che ora costituiscono circa l’80% di tutti i filler utilizzati per il ringiovanimento e la correzione del volume (4).

Filler a base di acido ialuronico (HA)

Sono degli idrogel viscoelastici, biocompatibili e bioriassorbibili, costituiti da acido ialuronico reticolato, sospeso in una soluzione fisiologica o tamponata con fosfato. L’HA è un glicosaminoglicano fortemente igroscopico, composto da acido D-glucuronico e N-acetil-d-glucosamina, presente naturalmente nel derma.

Il reticolante più comunemente usato per stabilizzare le molecole di HA, rendendole più resistenti alla fisiologica degradazione enzimatica, è l’1,4-butandioldiglicidil etere (BDDE), anche se nel tempo sono stati introdotti altri reticolanti come il diepossiottano, il divinil solfone, l’esametilendiammina e il polietilenglicole diglicidil etere (5).

La reticolazione aumenta la consistenza del gel e aggiunge al potere igroscopico e di idratazione dell’HA, la capacità riempitiva e di permanenza nei tessuti.

La maggior parte degli acidi ialuronici oggi in commercio derivano da fermentazione batterica, grazie al ridotto potenziale allergenico e immunogenico; al contrario, l’HA proveniente da fonti animali può trattenere impurità che potrebbero causare reazioni avverse (6).

I diversi processi di produzione, generalmente brevettati, determinano le caratteristiche specifiche di ciascun HA; ognuno, infatti, è contraddistinto da una specifica concentrazione, un certo grado e processo di reticolazione, peculiari caratteristiche biofisiche e reologiche per adattarsi alle diverse indicazioni cliniche.

Per questo motivo, non tutti i filler a base di HA sono uguali e i medici, nella pratica quotidiana, selezionano prodotti diversi per indicazioni distinte e specifiche, a seconda della personale esperienza clinica e delle indicazioni fornite dalle aziende produttrici attraverso attività didattiche (2).

Dai dati, sempre maggiori in letteratura, si può affermare che i filler a base di HA hanno bassi tassi di complicanze, buona durata, sono relativamente economici e possono essere eventualmente corretti attraverso la lisi; una caratteristica unica dell’HA è infatti la sua reversibilità tramite digestione enzimatica con iniezione di ialuronidasi (7).

Filler stimolatori della produzione di collagene endogeno

Nella categoria dei filler dermici riassorbibili, gli acidi ialuronici reticolati al primo posto nel ranking, sono seguiti in seconda posizione dagli stimolatori del collagene, caratterizzati dalla proprietà di indurre la produzione naturale di collagene dermico. Questi sono costituiti da polimeri, policaprolattone (PCL), acido poli-L-lattico (PLLA), e da ceramiche, come l’idrossiapatite di calcio (CaHA).

Oltre alle diverse composizioni, formulazioni, preparazioni dei prodotti e modalità di iniezione, le principali differenze consistono nella cinetica di degradazione, nel livello di efficacia e nella durata dell’azione. I poliesteri alifatici, PCL e PLLA, si degradano lentamente mediante idrolisi dei legami estere e hanno una lunga durata, mentre il CaHA si degrada più rapidamente mediante un meccanismo diverso.

Anche i filler a base di Polimetilmetacrilato (PMMA) possono essere considerati stimolatori di collagene, ma a causa della loro natura permanente, essendo le microsfere di PMMA non degradabili, hanno avuto scarsa diffusione in Europa.

Tutti questi prodotti sono stati originariamente sviluppati per indicazioni sul viso; il loro utilizzo nel ringiovanimento corporeo, inizialmente effettuato con metodi invasivi come la chirurgia o il lipofilling, è stato ripreso in considerazione in seguito, con l’uso di laser e filler dermici, per far fronte alla crescente domanda da parte dei pazienti (8).

Filler a base di policaprolattone (PCL)

Il riempitivo a base di policaprolattone è uno stimolatore del collagene endogeno composto da microsfere di PCL (30%) sospese in un supporto acquoso di gel di carbossimetilcellulosa (CMC) (70%) che fornisce un effetto di riempimento immediato ma temporaneo (9).

Le microsfere PCL contribuiscono al volume a lungo termine stimolando la produzione di nuovo collagene; man mano che il gel CMC viene assorbito nelle prime 6-8 settimane, la perdita di volume del gel vettore viene gradualmente sostituita dal collagene appena formato a causa della neocollagenesi indotta da PCL (10).

Le microsfere PCL hanno una dimensione di 25-50 µm e sono quindi protette dalla fagocitosi, si degradano in prodotti non tossici e bioriassorbibili che vengono metabolizzati in CO₂ e H₂O ed escreti attraverso le vie normali (11).

L’uso di questa tipologia di filler dermico a base di PCL non è solo limitato ai livelli sottocutaneo e sovraperiostale del viso; infatti, in letteratura è stato documentato anche il posizionamento sottocutaneo nel dorso della mano per il ripristino del volume e l’ispessimento dei tessuti.

Nel decennio successivo al suo lancio sul mercato, il filler dermico a base di PCL ha mostrato, rispetto ad altri iniettabili non HA, risultati più rapidamente visibili, oltre che piuttosto stabili e duraturi.

Per quanto riguarda il profilo di sicurezza, gli studi clinici così come la pratica clinica quotidiana e la sorveglianza post-marketing, hanno dimostrato che il riempitivo a base di PCL ha un buon profilo di sicurezza, con edema e gonfiore come reazioni più comuni dopo la procedura di iniezione e rare complicazioni potenziali come la formazione di noduli e granulomi. Inoltre, i riempitivi a base di PCL non possono essere rimossi immediatamente mediante l’iniezione di un enzima, come avviene con la ialuronidasi per l’HA (12).

Filler a base di acido polilattico (PLLA)

L’acido polilattico è un polimero biocompatibile, biodegradabile e bioriassorbibile. Si tratta di un polimero di un alfa-idrossiacido, l’acido lattico, utilizzato con sicurezza in molte applicazioni e in medicina da oltre 30 anni; approvato prima come filler nella correzione della perdita di grasso associata alla lipoatrofia indotta dalla terapia antiretrovirale nei pazienti affetti da HIV, e in seguito per la correzione delle carenze delle pieghe nasolabiali e di altre rughe facciali nei pazienti immunocompetenti (8).

L’acido polilattico è in grado di stimolare il collagene e ha una lunga durata d’azione, ma sono necessarie diverse sessioni di trattamento. Oltre al suo uso classico e a lungo termine nelle indicazioni per il viso, il PLLA è attualmente utilizzato anche nel trattamento del corpo per l’aumento di volume e il rimodellamento, o per correggere la lassità cutanea, la cellulite, le cicatrici e le strie distensae di aree extra-facciali come collo, petto, glutei, addome, braccia, cosce, ginocchia e mani (8).

Un recente sondaggio ha riportato che l’aumento dei glutei (42,4%) è il secondo utilizzo più comune di PLLA negli Stati Uniti, dopo la lipoatrofia da HIV (46,8%), dimostrando l’importanza sempre crescente dei trattamenti extra-facciali con PLLA (13).

Nella maggior parte degli studi clinici, l’acido polilattico ha dimostrato globalmente un’elevata efficacia e soddisfazione del paziente, ma bisogna tener conto della variabilità nella risposta alla stimolazione del collagene, un processo biologico che implica una cascata di eventi, e di diversi fattori come l’età, lo stato immunitario, i trattamenti effettuati precedentemente e la storia medica del paziente.

Il PLLA ha un buon profilo di sicurezza e le reazioni avverse riportate sono generalmente minori e paragonabili a quelle osservate con altri iniettabili; tuttavia, la formazione di noduli è stata segnalata all’inizio del suo utilizzo, probabilmente per un basso volume di ricostituzione. Per quanto riguarda l’utilizzo extra-facciale, sono necessari ulteriori studi clinici per supportare ulteriormente l’uso del PLLA nel ringiovanimento del corpo e per determinarne la durata d’azione (8).

Filler a base di idrossiapatite di calcio (CaHA)

I filler a base di idrossiapatite di calcio sono composti per il 30% da microsfere sintetiche di idrossiapatite di calcio e per il 70% da una soluzione acquosa in gel. Le sfere di CaHA hanno dimensioni tra i 25 e i 45 µm e sono costituite da ioni calcio e fosfato, molecole presenti anche nell’osso e nei denti, il che rende il prodotto perfettamente biocompatibile e privo di potenziale allergenico.

Questi filler possiedono un’elevata viscosità e un effetto liftante e volumizzante efficace, per questo sono particolarmente adatti a fornire supporto strutturale e volume in aree notoriamente difficili da trattare con gli HA, come il mento, le tempie e l’area malare.

Nelle aree con tessuto non distensibile, infatti, il potenziale di sollevamento del riempitivo deve essere elevato, consentendo al filler di comportarsi come un impianto liquido in modo da poter fornire una proiezione del tessuto sufficiente (14).

Un recente lavoro, che descrive il sollevamento ottenibile con CaHA, evidenzia che è particolarmente utile per l’iniezione nel piano sovraperiosteo della tempia, dell’arco zigomatico, della guancia anteriore, dell’apertura piriforme e del solco premalare, dove le carenze di volume devono essere risolte prima di un trattamento complementare più superficiale con riempitivi a base di HA (15).

L’iniezione nel piano sovraperiostale è relativamente vantaggiosa perché questo piano è in gran parte privo di vasi sanguigni e quindi il rischio di iniezione intravascolare o di lesione dei vasi è limitato. Inoltre, l’elevata viscosità di questo tipo di filler fa sì che esso rimanga confinato nel comparto in cui viene iniettato, con scarso rischio di migrazione (16).

Come il PLLA, anche il CaHA è stato utilizzato per la rivolumizzazione e il trattamento della lipoatrofia nei pazienti affetti da HIV; inoltre può essere utilizzato insieme ad altri trattamenti, come ad esempio per integrare l’innesto di grasso, stratificando sugli innesti per perfezionare le forme e risolvere eventuali asimmetrie e anche dopo un innesto di grasso per pazienti atletici con limitate riserve di grasso per il prelievo, o in un approccio a più strati insieme al PLLA o all’HA (16).

Possibili complicanze da filler

I filler dermici sono generalmente considerati sicuri. Reazioni immediate correlate all’iniezione come lividi, gonfiore, dolorabilità e noduli sono comuni, ma scompaiono rapidamente e spontaneamente. Tuttavia, seppur raramente, sono stati segnalati alcuni eventi avversi gravi, come granulomi e complicanze vascolari, con perdita della vista dovuta a occlusione dell’arteria retinica o necrosi cutanea.

Le complicanze dei filler iniettabili sono spesso classificate in base al momento dell’esordio come precoci e tardive, poiché questi intervalli di tempo sono ben correlati alla potenziale eziologia sottostante. Rohrich et al. (17) hanno proposto una classificazione in: complicazioni precoci, tardive e ritardate, definite rispettivamente come meno di 14 giorni, da 14 giorni a 1 anno e più di 1 anno.

Le complicazioni precoci consistono generalmente in infiammazioni acute, infezioni o problemi correlati all’ischemia. Le complicanze tardive e ritardate possono essere secondarie rispettivamente alla formazione di granulomi e biofilm. La sicurezza è particolarmente importante nei trattamenti e nelle procedure medico-estetiche e le informazioni sulla sicurezza a lungo termine di questi dispositivi devono essere raccolte continuamente per consentire una migliore gestione degli effetti collaterali nei pazienti.

Millenials e filler

I millennials, definiti come la generazione di individui nati tra il 1981 e il 1996, sono emersi come uno dei principali gruppi demografici di pazienti che ricercano procedure estetiche minimamente invasive.

In tutto il mondo, i millennials sono più propensi a prendere in considerazione trattamenti preventivi rispetto a qualsiasi altra fascia di età. Le tre procedure facciali minimamente invasive più popolari in questo gruppo demografico includono i filler dermici, la tossina botulinica e la microdermoabrasione.

Per quanto riguarda i filler, i risultati discreti ma visibili, abbinati a tempi di recupero minimi o nulli, hanno reso questa procedura popolare in questa generazione. Dato il loro impatto sul mercato in espansione della medicina estetica e la loro buona predisposizione verso le procedure estetiche, è necessario che i dermatologi e i medici estetici comprendano le loro motivazioni e prospettive (18).

Filler autologhi

I filler si definiscono autologhi quando utilizzano materiale prelevato dallo stesso paziente e poi reiniettato a livello del volto per correggere la perdita di volume. Il tessuto più comunemente sfruttato in questo senso è il grasso autologo, che ha molte caratteristiche di un riempitivo ideale: è biocompatibile, poco costoso, facilmente disponibile, ma i risultati a lungo termine del lipotransfer sono ancora variabili e imprevedibili.

Una microcannula a punta smussa viene utilizzata per raccogliere il grasso da varie regioni del corpo, che viene poi purificato dai detriti sierosanguigni e preparato per l’iniezione facciale; data la prevedibilità di riassorbimento, in genere si effettua una ipercorrezione.

Da quando negli anni ’70, con l’avvento della liposuzione, il grasso autologo per la microlipoiniezione è divenuto popolare come mezzo per la correzione estetica della perdita di volume del viso, esso ha stimolato l’interesse anche verso altri materiali di donatori autologhi come il plasma ricco di piastrine (PRP), che iniettato nel derma determina buoni risultati per le rughe superficiali o le cicatrici da acne. Sono stati condotti studi che hanno proposto anche cellule staminali mesenchimali adulte con la capacità di differenziarsi in adipociti, sebbene questo meriti ulteriori ricerche (19).

BIBLIOGRAFIA:

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