Il fungo killer: nuova sfida per la sanità?

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Il fungo killer: nuova sfida per la sanità?

Pubblichiamo di seguito l’editoriale pubblicato sul numero di maggio di Dermakos firmato dal direttore scientifico Enzo Berardesca.

Il fungo killer: nuova sfida per la sanità?

Negli Stati Uniti è allarme sanitario in tutto il Paese per il crescente numero di casi di infezioni mortali fungine che stanno dilagando in tutti gli ospedali soprattutto tra i pazienti fragili e immunodepressi come quelli appena guariti dal Covid-19. Si tratta, quindi, di un’epidemia nella pandemia e non c’è notiziario televisivo nazionale che non aggiorni sulla situazione in tempo reale.

Il numero di morti più elevato si ha in Florida, California e nella Costa Est. Il fungo in oggetto, appartenete al genere Candida, quindi familiare a noi dermatologi, è un ceppo di Candida aurina, resistente a tutti gli antibiotici.

Un rapporto pubblicato sugli Annals of Internal Medicine mostra che i casi di Candida auris, infezione fungina altamente contagiosa, sono quasi raddoppiati (+95%) tra il 2019 e il 2021, riflettendo un aumento della trasmissione in coincidenza con la pandemia.

Secondo il rapporto, inoltre, sono triplicati i casi di infezione resistente alle echinocandine (nuova classe di farmaci antifungini), il che è particolarmente preoccupante perché le echinocandine sono la terapia di prima linea per le infezioni invasive da candida, compresa la C. auris.

La diffusione è prevalentemente ospedaliera e nelle residenze per anziani anche attraverso dispositivi impiantati e ventilatori meccanici.

L’infezione inizia dalla pelle e nei casi più gravi diventa sistemica, interessando gli organi interni. Le sofferenze dei sistemi sanitari stressati da due anni di pandemia e spesso carenti di mezzi e personale sanitario potrebbero aver facilitato la selezione e diffusione di questo ceppo. Basti pensare che fino a qualche tempo fa il fungo non era nemmeno conosciuto, mentre ora alcuni casi sono stati riportati anche in Italia.

Secondo uno studio effettuato dal professor Matteo Bassetti di Genova, il 60% dei pazienti affetti da C. auris è positivo al Covid e il 30% ha anche una diffusione ematica del fungo. In questo caso, la presenza di setticemia da candida aumenta la mortalità a circa il 50% dei casi.

Come avviene nel caso dei superbatteri, la Candida auris è particolarmente pericolosa a causa della sua alta percentuale di resistenza ai trattamenti farmacologici. Secondo la scuola di Genova, il 100% dei casi di Candida auris è resistente al fluconazolo, il farmaco generico di nostra abituale prescrizione con cui si cura la Candida albicans. Pertanto, la prima linea di difesa contro tale fungo non funziona praticamente mai.

Inoltre, il fungo è spesso resistente anche ad altre classi di farmaci antifungini, come appunto le già citate echinocandine, il che aumenta ulteriormente la mortalità dei pazienti. Per curare l’infezione, spesso è necessario utilizzare farmaci ancora più aggressivi come l’amfotericina B, che ha importanti effetti collaterali. Va precisato, comunque, che la Candida auris non rappresenta un pericolo per le persone sane o al di fuori degli ospedali e delle residenze per anziani.

Comunque, per cercare di arginare il fenomeno, spiegano gli esperti dei Centers for Disease Control and Prevention (Cdc) USA, è urgente la necessità di migliorare il rilevamento e le pratiche di controllo delle infezioni per prevenire la diffusione della C. auris; ad esempio, l’isolamento efficace dei pazienti quando viene identificata un’infezione, nonché il lavaggio delle mani e la disinfezione delle superfici associato al controllo delle prescrizioni inutili di farmaci antifungini al fine di prevenire una ulteriore resistenza agli antibiotici.