La dismorfia da filtri potrebbe essere una branca del disturbo di dismorfofobia corporea. Dermatologi e chirurghi estetici devono essere consapevoli di questo fenomeno e evitare procedure inutili

Dall’avvento di Instagram e Snapchat nel 2010-2011, la vita di molti è cambiata. In particolare, la percezione degli individui riguardo al proprio aspetto è stata notevolmente influenzata dall’uso diffuso dei filtri per le immagini sulle applicazioni dei social media.

Nel 2018, il termine “dismorfia da Snapchat” è stato utilizzato per la prima volta dagli esperti in riferimento alle richieste e alle aspettative dei pazienti che si rivolgono ai medici estetici: sempre più pazienti richiedevano interventi per assomigliare alle loro immagini filtrate.

Un chirurgo estetico, il dottor Yagoda, ha spiegato come molti dei suoi pazienti abbiano descritto il loro desiderio di diventare esattamente come le loro immagini filtrate, e molti altri chirurghi estetici hanno incontrato pazienti di questo tipo.

Lo studio

Da questa constatazione è stato avviato da due ricercatrici iraniane un lavoro di ricerca sul tema della dismorfia da filtri, pubblicato sul Journal of Cosmetic Dermatology.
Dopo l’inizio della pandemia di Covid-19, le persone sono passate a riunioni e videoconferenze online, il che ha portato all’introduzione del termine “dismorfofobia da Zoom”.

Le lunghe ore passate a guardarsi allo specchio di una telecamera distorta possono indurre le persone a soffermarsi sui propri difetti o a confrontarsi con gli altri, con il conseguente desiderio di sottoporsi a procedure estetiche. Le procedure più comunemente richieste sembrano essere le iniezioni di tossina botulinica, i filler e il laser, nonché i ritocchi al naso e l’attenuazione delle rughe.

Chi è più colpito

Il disturbo da dismorfofobia corporea può essere una condizione psichiatrica debilitante e tutti i dermatologi e i chirurghi estetici hanno incontrato pazienti di questo tipo. Sono colpiti soprattutto adolescenti e giovani adulti di entrambi i sessi.

Questi pazienti sono preoccupati da alcune parti del corpo e vivono alla ricerca di soluzioni terapeutiche utili a correggere i difetti, veri o presunti. Questo, hanno sottolineato le autrici del lavoro, implica che i medici devono riconoscere questa condizione e intervenire prontamente.

La dismorfia da filtri

La dismorfia da filtri potrebbe essere una branca del disturbo di dismorfofobia corporea che può anche esacerbare la condizione. Quando un paziente, già ossessionato dal proprio aspetto, utilizza questi filtri di abbellimento ideale, potrebbe pensare che le procedure cosmetiche possano risolvere il suo presunto problema facendolo assomigliare alle immagini filtrate. Poiché le immagini filtrate non sono limitate a Snapchat o a una singola applicazione di social media, il termine “dismorfia da filtro” potrebbe essere un sostituto migliore.

Le conclusioni

Poiché l’uso dei social media è in continua espansione e la popolazione giovane è già molto preoccupata dal proprio aspetto, dermatologi e chirurghi estetici devono essere consapevoli di questo fenomeno in crescita per evitare procedure inutili e sostenere questi pazienti. Data l’importanza crescente delle applicazioni dei social media nella vita quotidiana della maggior parte delle persone, sono necessari ulteriori studi per stimare l’esatta prevalenza di questo disturbo e le ricerche future contribuiranno a migliorare l’approccio a questa condizione.

M. Sadat Sadati, R. Radanfar, “Filter dysmorphia”: An emerging phenomenon in cosmetic dermatology, J of Cosmetic Dermatology. Doi: https://doi.org/10.1111/jocd.15483