Citochine e genesi della depressione nella psoriasi

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L’indice di severità della psoriasi

Il PASI (Psoriasis Area Severity Index) è un indice clinico di severità della psoriasi che prende in considerazione le principali caratteristiche delle lesioni psoriasiche, ovvero l’eritema, la desquamazione, l’ispessimento e la percentuale di superficie corporea interessata; al termine della valutazione si esprime il punteggio di gravità in una scala che va da 0 (assenza di lesioni) a 72 (eritrodermia). Un soggetto con PASI < 10 ha una malattia lieve, uno con PASI fra 10 e 20 ha una malattia moderata, mentre con PASI > 20 la malattia è grave.

L’ipotesi “citochinica” della depressione

L’alta incidenza di depressione e ansia nei pazienti psoriasici sembra, in conclusione, giustificabile anche solo considerando l’impatto delle lesioni cutanee visibili sulla qualità di vita, lo stigma sociale che ancora rappresentano, le limitazioni che comportano nella vita lavorativa, affettiva, sessuale.

È anche logico supporre che la catena causale fluisca anche nell’altro senso: uno stato di depressione e ansia porterà a una minor aderenza alla terapia, alla mancata assunzione e applicazione di farmaci, a uno stile di vita meno sano con, per esempio, aumento di peso − gli adipociti secernono TNF alfa, pertanto l’aumento di peso corporeo è tutt’altro che auspicabile nel paziente psoriasico (Tzanavari T et al. Curr Dir Autoimmun. 2010; 11: 145-56) − e pertanto, alla fin fine, a un aggravamento della psoriasi. Quanto esposto sin qui è abbastanza noto. Meno conosciuto è forse il fatto che anche depressione e ansia sono caratterizzate dall’aumento del livello di citochine infiammatorie, IL-6 e TNF-α, e di conseguenza probabilmente in grado di influenzare la patologia psoriasica. Sarebbe quindi ipotizzabile un ulteriore nesso causale, questa volta diretto (o più precisamente, mediato solo dall’aumento dei parametri infiammatori e non dai fattori psicosociali come vergogna, senso di stigmatizzazione ecc.) e bidirezionale tra psoriasi da un lato e ansia e depressione.

L’associazione tra citochine infiammatorie e depressione sembra documentata da sempre maggiori evidenze scientifiche. La sindrome depressiva maggiore è causata da due meccanismi fondamentali: un’alterata funzione dei neurotrasmettitori regolanti l’umore quali serotonina, norepinefrina, dopamina è nota in primis come evento scatenante, ed è infatti bersaglio dei farmaci antidepressivi in commercio;

nei pazienti depressi è stata dimostrata inoltre un’ipersecrezione del CRH (ormone rilasciante le corticotropine). Il CRH è il principale regolatore della risposta ormonale allo stress, attraverso l’attivazione dell’asse ipotalamo-ipofisi-surrene e del sistema nervoso simpatico.

L’ipersecrezione di CRH è infatti considerata responsabile della nota associazione tra stress psicosociale e disturbo depressivo maggiore. Dati per assodati questi meccanismi, quale sarebbe allora il possibile ruolo delle citochine infiammatorie nella genesi della depressione? Ricordiamo che le citochine sono molecole (proteine, peptidi, glicoproteine) biologicamente attive che regolano crescita, funzione e differenziazione delle cellule, e guidano la risposta immunitaria e l’infiammazione. La risposta citochina-mediata è una componente essenziale dei meccanismi naturali di difesa contro microbi e aggressioni esterne. Una produzione eccessiva di citochine, o una produzione avvenuta nel contesto “sbagliato”, può avere effetti negativi. Il sistema delle citochine è attivato in diverse malattie somatiche ed è responsabile di sintomi quali stanchezza, facile affaticabilità, presenti anche nella depressione. Secondo l’“ipotesi citochinica” della depressione “le citochine rappresentano l’elemento chiave nella mediazione centrale delle caratteristiche comportamentali, neuroendocrine e neurochimiche del disordine depressivo”.

Dati crescenti suggeriscono infatti che la risposta infiammatoria ha un ruolo importante nella patogenesi della depressione: in particolare nei pazienti aff etti da disturbo depressivo si registrano livelli più elevati di citochine proinfiammatorie quali IL- 6, IL- 1, TNF-α, proteine di fase acuta quali la PCR e chemochine 10. Il cervello è stato considerato per lungo tempo un organo immunologicamente privilegiato, relativamente separato dal sistema immunitario periferico grazie alla barriera emato-encefalica. Questa visione si è poi modifi cata, quando si è riconosciuto che il cervello può essere infl uenzato direttamente da una moltitudine di sostanze quali appunto citochine, chemochine, glucocorticoidi. Esperimenti recenti suggeriscono almeno tre vie attraverso cui le citochine infiammatorie, presenti normalmente nel sangue periferico, potrebbero accedere all’encefalo:

il primo meccanismo prevede il passaggio diretto attraverso lacune della barriera emato-encefalica (BEE), presenti nella depressione maggiore;

il secondo consiste nell’attivazione delle cellule endoteliali che rivestono i vasi cerebrali, che a loro volta producono mediatori infiammatori all’interno della BEE:

infine, il legame a recettori specifici per le citochine associati alle fibre afferenti vagali ha come risultato modifiche del pattern infiammatorio intracerebrale, attraverso il nucleo del tratto solitario e l’ipotalamo. Le citochine, una volta raggiunto l’encefalo, causerebbero alterazioni della sintesi, del rilascio e del reuptake di serotonina, noreprinefi na e dopamina in regioni cerebrali essenziali per la regolazione delle emozioni, incluso il sistema limbico. Oltre agli effetti sul metabolismo dei neurotrasmettitori, le citochine infiammatorie hanno un profondo effetto stimolante sull’asse ipotalamo-ipofisi-surrene, alla pari del CRH, in aree quali l’amigdala e l’ipotalamo, regioni che regolano ansia e paura. Quali sono, nello specifico, le citochine principalmente coinvolte nella patogenesi della depressione? Secondo una recente metanalisi gli aumenti della concentrazione sierica di IL-6 e di PCR costituiscono i marker infiammatori più frequentemente osservati nei pazienti depressi. Altre citochine implicate nella depressione includono TNF-α e IL-1β: in pazienti depressi ne sono state dimostrate concentrazioni più elevate non solo nel sangue periferico, ma anche a livello del sistema nervoso centrale, analizzando il liquido cerebrospinale. La maggior parte degli studi sul tema hanno messo a confronto i marcatori d’infiammazione in soggetti depressi rispetto ai non depressi, alcuni hanno addirittura riscontrato una correlazione positiva tra concentrazione plasmatica delle citochine e severità della depressione. Oltre ai dati che associano i mediatori infiammatori ai sintomi depressivi, è stato osservato che la somministrazione sia acuta che cronica di citochine o di induttori citochinici (come una vaccinazione) possono causare sintomi comportamentali simili a quelli della depressione maggiore. Ad esempio uno studio a doppio cieco osservò in soggetti vaccinati contro Salmonella typhi umore depresso, stanchezza, confusione mentale e rallentamento psicomotorio se confrontati con soggetti trattati con placebo. Per quanto riguarda la psoriasi, prendiamo ora in considerazione una delle citochine infiammatorie ritenuta associata alla depressione, TNF-α (Tumor Necrosis Factor), che contemporaneamente gioca un ruolo cruciale nella patogenesi delle lesioni cutanee. In particolare il TNF-α agisce:

aumentando il rilascio di altre citochine da parte dei linfociti, e di chemochine dai macrofagi;

aumentando l’espressione di proteine d’adesione a livello endoteliale, favorendo reclutamento e accumulo di linfociti attivati;

aumentando la proliferazione dei cheratinociti e delle cellule endoteliali, mantenendo la diapedesi linfocitaria, che perpetua il processo infiammatorio.

Le strategie terapeutiche più moderne per la cura della psoriasi mirano, come si sa, proprio a bloccare il processo immunitario specifico alla base dell’infiammazione: a tale scopo sono stati introdotti i farmaci biologici, tra i quali spiccano gli antagonisti del TNF-α come etanercept, infliximab e adalimumab. Tali molecole hanno rivoluzionato l’approccio terapeutico alle forme più gravi di psoriasi, dando risultati sorprendenti.