Chirurgia e medicina estetica nel paziente oncologico

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Chirurgia e medicina estetica nel paziente oncologico

Filler, tatuaggi, tecniche di chirurgia estetica traslate all’oncologia, linfodrenaggio: sono alcune delle modalità che nel post-chirurgia concorrono a migliorare nel paziente oncologico l’immagine di sé, il rapporto con il proprio corpo.

Sensibili i benefici sul recupero di qualità della vita: relazionale, emotiva, psichica. Se ne è parlato in occasione del 24° Congresso Internazionale di Medicina e Chirurgia Estetica SIES (Bologna, 23-25 Febbraio 2023) nella sessione Approccio integrato chirurgico e medico estetico e riabilitativo al paziente oncologico: sinergie e risultati.

Tumore al seno

Armonizzare volume, forma, simmetria secondo un concetto di bellezza che supera i tradizionali canoni estetici: è questo il nuovo paradigma di approccio post-chirurgico a tumori del seno.

Nipple sparing mastetcomy, mastoplastica adduttiva o riduttiva, mastopessi, mobilizzazione ghiandolare, protesi, trasferimento di tessuti, lipofilling sono alcune tecniche, molte delle quali importate in oncoplastica dalla chirurgia estetica, che consentono di ridare simmetricità al seno rispondendo a una richiesta/bisogno di “normalità” del proprio seno, sempre più espresso da donne sottoposte a chirurgia oncologia.

Tali tecniche, scelte e perfezionate a seconda che si agisca in concomitanza dell’intervento di asportazione del tumore con un rimodellamento della mammella controlaterale, a breve distanza dalla chirurgia, o su esiti da radioterapia garantiscono in gran parte dei casi outcome positivi.

Ad esempio, vi è evidenza che in caso di trasposizione di tessuti, in cui il gold standard è ancora rappresentato dalla tecnica autologa, nuove metodiche di ingegnerizzazione applicate a lipofiller e/o alle matrici dalle superfici protesiche consentono risultati migliori in termini estetici e di stabilità rispetto a solo un decennio fa.

Sono inoltre disponibili tecniche per il camouflage di cicatrici attraverso tatuaggi chirurgici che permettono di ridisegnare l’areola, anche con una ombreggiatura sottostante e una maggiore naturalezza della mammella, o il ricorso a leggere stimolazioni di needling in combinazione a del sole che per un effetto di nanogenesi favoriscono il recupero di un colore naturale della cute.

Tumori del volto

Tecniche di chirurgia estetica possono aiutare nella gestione di tumori molto estesi del volto o localizzati in sedi critiche come la punta del naso, la palpebra superiore, la zona geniena, o di lesioni secondarie a gravi traumi.

La prima indicazione è la valutazione corretta della parte del volto da ricostruire in termine di mobilità, flessibilità, funzionalità; di timing chirurgico (subito, in più tempi, posticipato rispetto al primo intervento); di tipologia di trattamento ricostruttivo (sutura diretta, lembi chirurgici a distanza e così via), tenendo conto di tutte le variabili che possono interessate la cute del volto (struttura, colore, texture, ecc… ).

Tecniche di ricostruzione del volto

Tra le tecniche maggiormente impiegate nella ricostruzione del volto si annoverano: tecniche di lifting facciale del III medio, indicata in tumori della regione geniena o temporale con risultati estetici buoni a distanza di sei mesi circa, SMASectomia che prevede lo scollamento di un’ampia parte di tessuto facciale, tecniche di blefaroplastica superiore nel trattamento di tumori del margine palpebrale, tecniche di ptosi palpebrale o di blefaroplastica con cantopessi in caso di riposizionamento della palpebra dopo asportazione del tumore e/o il lifting diretto del sopracciglio per il trattamento di paralisi post-chirurgiche. Infine, tecniche prestate alla rinoplastica possono essere impiegate per ridare funzionalità e estetica a un naso compromesso dal tumore.

Linfedema secondario a chirurgia oncologica

L’evento interessa il 20% dei pazienti a due anni dall’intervento con interessamento di qualsiasi area anatomica, non solo gli arti, comprese le catene linfonodali asportate.

Le terapie oncologiche (radio, chemi e ormonoterapia) e l’invasività della chirurgia rappresentano i principali fattori di rischio per lo sviluppo di linfedema. Condizione cronica attualmente orfana di trattamenti risolutivi e definitivi, il linfedema può oggi essere gestito e trattato in maniera efficace.

Il bendaggio multicomponente è considerato a livello internazionale il gold standard. Si tratta di un bendaggio costituito da parti meccaniche e fisiche che aiutano a confezionare un bendaggio con basse pressioni di riposo, quindi molto confortevole da indossare, e con alte pressioni nel lavoro efficace sulla riduzione del volume, cui si associa il linfodrenaggio manuale per trattare aree in cui il drenaggio “meccanico” non arriva, come le radici degli arti, o laddove il bendaggio non può essere applicato come il volto.

Fondamentale nella gestione del linfedema è l’educazione terapeutica del paziente; una adeguata skincare può evitare possibili complicante della cute a livello del derma e buone pratiche possano svolgere una azione di mantenimento della terapia decongestiva del linfedema affidata a una contenzione elastica (che deve essere studiata su misura del paziente dalla sinergica collaborazione del medico prescrittore, fisioterapista e tecnico ortopedico), l’esecuzione dell’attività fisica secondo le modalità indicate e la messa in atto di buone pratiche raccomandate.

La terapia decongestiva è funzionale e dettata da un corretto inquadramento diagnostico effettuato con linfoscintigrafia, ecografia, angiorisonanza, linfofluoroscopia e linfoangiogenesi a livello della rete linfatica iniziale. All’orizzonte nuove possibili opzioni di intervento per la gestione del linfedema, quali la pompa sottocutanea drenante, in sviluppo all’Università di Losanna, la terapia genica che prevede l’iniezione di fattori di crescita e linfoangiogenesi a livello della rete iniziale dei linfonodi avviata dall’Università di Tolosa, il bendaggio attivo.

Filler, tossina botulinica e laser terapia

L’impiego dei filler è una modalità cui spesso si ricorre nel paziente oncologico, tuttavia presenta alcune limitazioni e controindicazioni d’uso.

Qualunque tipo di iniezione va evitata in pazienti in immunoterapia a causa del possibile rischio di sviluppo di ipersensibilità ritardata e reazione da corpo estraneo.

È buona norma attendere dai tre ai sei mesi a chemioterapia o radioterapia conclusa prima di procedere a qualunque atto iniettivo, previa esecuzione di un emocromo e, in caso di dubbi, di una ricognizione del caso e di una discussione con l’oncologo di riferimento.

È raccomandato di non iniettare soluzioni direttamente sul periostio in pazienti in terapia con bifosfonati. Altrettanta attenzione va prestata a contesti di immunosoppressione, alterazioni da terapie esistenti e al rispetto della breccia dello spot iniettivo.

In merito alla tossina botulinica, si conferma l’elevato profilo di sicurezza che ne consente l’impiego anche in pazienti con melanomi in cui può migliorare la vasculite periferica.

Infine, la laser terapia è indicata nel trattamento delle cicatrici, in forme di irsutismo secondario ad alcune terapie come le terapie ormonali , prestando grande attenzione a contesti di iperpigmentazione post-infiammatoria, pazienti che hanno subito lo svuotamento linfonodale/ascellare e al possibile rischio di fotosensibilizzaione.