Sono appena uscite in America le statistiche ASAPS (American Society for Aesthetic Plastic Surgery) per il 2012. Su oltre dieci milioni di procedure estetiche solo il 17% sono state chirurgiche contro l’83% di quelle non chirurgiche. In generale si è assistito a una lieve ripresa rispetto ai due anni precedenti, e questo fa ben sperare anche per il mercato italiano, la cui crisi ha un ritardo di circa due-tre anni rispetto a quella americana, ammesso che l’economia cominci a riprendere fiato anche da noi.
Altre notizie interessanti riguardano il tipo di procedure: tossina botulinica, filler e laser coprono il 70% delle procedure mediche e blefaroplastica, mastoplastica additiva e liposcultura il 60% delle procedure chirurgiche. Un dato in aumento è quello che riguarda il numero degli uomini, adesso stimato all’8% del totale dei pazienti. Infine altre due informazioni: la fascia di età largamente più rappresentata è quella dai 35 ai 50 anni, con oltre il 50% delle prestazioni, chirurgiche e non; la sede di esecuzione delle procedure è solo nel 18% dei casi una struttura ospedaliera, mentre nell’82% un ambulatorio o una day surgery.
Sulla base di questi dati possiamo fare qualche riflessione su quello che sta accadendo da noi, che tutto sommato restiamo ancora uno dei primi 10-15 mercati mondiali del settore. Il nostro rimane uno dei comparti meno attaccati dalla crisi e quindi non è necessario farsi prendere dal panico, ma bisogna interessarsi al problema, perché una crisi diffusa, come quella che stiamo vivendo, raggiunge tutti i settori, e soltanto i migliori sopravvivono alla selezione. È indubbio che una congiuntura economica sfavorevole sia un importante strumento di selezione, e da noi lo si è visto chiaramente con il prevalere di quei medici, di formazione chirurgica, che possono compiere il cammino a ritroso verso procedure mediche, e con le difficoltà di chi, chirurgo affermato, ha scelto di arroccarsi in un mondo sempre più piccolo, e le incertezze di chi, senza preparazione chirurgica, incontra difficoltà a gestire anche procedure mediche, come un filler, ma che oggi si utilizzano secondo logiche e approcci chirurgici. Come conseguenza della crisi si hanno meno pazienti nuovi, in seguito anche alla volatilità di alcuni di questi, attratti dalle “sirene” della rete, e abbiamo la necessità di consolidare i nostri pazienti esistenti, magari anche lasciando perdere quelli che giudichiamo psicologicamente “difficili”, proponendo solo metodiche scientifiche, in grado di dare dei risultati.
Dobbiamo dunque attivare alcune iniziative strategiche utili a salvaguardare e potenziare il lavoro, migliorando la gestione finanziaria e fornendo servizi di alta qualità. Ed essere ancora più professionali, con messaggi autorevoli e chiari, anche nei confronti del nostro personale con cui avere linee di comunicazione sempre aperte. E ancora, dobbiamo valorizzare i servizi off erti ai nostri attuali pazienti, investendo nella nostra struttura, facendoci supportare dalle aziende che ci possono permettere di introdurre nuove tecnologie, e attraendo nuovi collaboratori. Da un punto di vista finanziario, è necessario che le nostre prestazioni siano misurate, sia in termini monetari che di produttività, e avere un piano finanziario che esca dalla mentalità del singolo. Infine è bene ricordare che il miglior strumento di marketing resta sempre “puntare sulla qualità”, trasformando ogni paziente in un promotore dei nostri buoni servizi.
Giovanni Salti