Terapie biologiche, la nuova prospettiva anche nel bambino

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I farmaci biologici e a bersaglio molecolare si stanno affacciando alla dermatologia pediatrica per la gestione di patologie cronico-recidivanti e di malattie rare

Nuove acquisizioni scientifiche hanno migliorato la comprensione dei meccanismi della dermatite atopica, portando allo sviluppo di farmaci biologici che hanno cambiato il trattamento delle forme gravi della malattia, che in genere sono accompagnate da varie comorbilità. Trattare e valutare tutte le manifestazioni di questa patologia in un lavoro di squadra multidisciplinare è un aspetto importante della presa in carico del paziente, come sottolinea la dermatologa Iria Neri, responsabile di Alta Specializzazione dell’Ambulatorio di Dermatologia e Malattie Rare e complesse in età pediatrica presso la Clinica Dermatologica dell’Università di Bologna, dove dal 2017 è stato avviato un ambulatorio dedicato alla dermatite atopica del bambino e dell’adulto.

Quali sono gli aspetti cruciali per la gestione ottimale del paziente con dermatite atopica?
Sta emergendo con sempre maggiore evidenza il concetto che la dermatite atopica è una patologia sistemica e non di esclusiva competenza dermatologica. Al di sotto delle manifestazioni cutanee, abbiamo le diverse sfaccettature della malattia, le sue comorbilità: la rinite, l’asma, la depressione, la tendenza alle sovrainfezioni. Per questo è importante che si instaurino collaborazioni efficaci fra i diversi specialisti da coinvolgere, allergologo, pediatra, dermatologo, fino allo psicologo, per poter gestire al meglio tutti gli aspetti della dermatite atopica. Altresì è importante che nei Centri di riferimento si svolga anche l’educazione terapeutica: spiegare la malattia in modo che possa essere compresa dalla famiglia del bambino e dallo stesso paziente, quando adolescente, per conseguire una migliore adesione terapeutica. In particolare, per controllare le forme lievi e moderate, una buona educazione alla terapia promuove quei comportamenti utili a evitare le riacutizzazioni, per esempio la necessità di praticare con regolarità i trattamenti idratanti. Inoltre, spiegare il timing del trattamento topico per controllare le riacutizzazioni porta il paziente a un buon livello di autogestione. Le criticità dell’educazione terapeutica sono legate al poco tempo che si ha nella struttura pubblica e alla mancanza di spazi dedicati per erogarla in modo sistematico, ma è di fondamentale importanza e ci si dovrebbe muovere in quella direzione.

Che ruolo avranno i farmaci biologici recentemente autorizzati?
È stato fatto un salto formidabile. Il nostro Centro ha seguito i trial clinici nazionali e internazionali di nuovi farmaci biologici e siamo centro prescrittore. Tra questi, il dupilumab è già autorizzato per il trattamento delle forme moderate e gravi della dermatite atopica nell’adolescente. Grazie a questo farmaco otteniamo risultati straordinari, con un miglioramento importante della qualità di vita di questi pazienti. Siamo riusciti a recuperare alla cura quegli adolescenti colpiti da forme moderate o severe che, avendo perso ogni fiducia nelle terapie convenzionali, si autogestivano la malattia talora con il cortisone orale, trascurando i trattamenti locali e abbandonando del tutto i controlli presso il Centro di riferimento.

Quando è opportuno che il paziente venga inviato al centro di riferimento per avvalersi del farmaco biologico? Riscontrate problemi nell’utilizzo del dupilumab nell’adolescente?
Il paziente candidato ai farmaci biologici è quello non più responsivo alle terapie convenzionali indicate per le forme lievi e moderate. Sappiamo, ormai, che per una percentuale elevata di pazienti la patologia permane nell’adolescenza e nell’età adulta. Si tratta per lo più di forme con IgE elevate, la cosiddetta dermatite atopica estrinseca, con polisensibilizzazione, asma e/o rinite allergica: tutte condizioni per inviare il paziente al Centro. Quando la malattia si aggrava, tanto da richiedere una terapia sistemica, dupilumab rappresenta la prima scelta nell’adolescente. I farmaci tradizionali immunosoppressori –ciclosporina, metotrexato ecc.- sono infatti offlabel ed ora di seconda scelta nell’adolescente, perché gravati da effetti collaterali che costringono a frequenti esami di laboratorio per controllo, a fronte di una efficacia talora solo parziale sulla malattia e in particolare sul prurito. Il dupilumab, al contrario, è un farmaco molto rapido nell’azione, sicuro, immunomodulatore invece che immunosoppressivo quindi con scarsi/nulli effetti collaterali. Non abbiamo notato alcun incremento delle infezioni; inoltre, i pazienti possono effettuare le vaccinazioni anche nel corso del trattamento. Il miglioramento della patologia è del 95-100%, con efficacia anche sulle comorbilità, in particolare sull’asma. Nei pazienti asmatici, infatti, abbiamo osservato un miglioramento sia nella capacità respiratoria sia nella riduzione degli attacchi.

Per quanto riguarda le altre fasce di età?
Il farmaco è stato autorizzato inizialmente nell’adulto, dove abbiamo ottenuto gli stessi ottimi risultati. Per quanto riguarda il bambino dai 6 ai 12 anni, al momento dupilumab non è autorizzato e possiamo ottenerlo per l’uso compassionevole in pazienti selezionati. Nelle forme particolarmente gravi e persistenti di dermatite atopica questo è il farmaco che deve essere utilizzato anche in questa fascia di età. Non deve spaventare il fatto che sia un trattamento cronico, perché se la patologia ha un andamento cronico-recidivante è giusto e indicato avvalersi di queste opportunità terapeutiche. I riscontri nella fascia da 6 a 12 anni sono infatti ottimi, anche dal punto di vista degli effetti collaterali, con ridotta incidenza anche di quelle reazioni in sede di iniezione e congiuntiviti che vediamo più spesso nell’adulto.

Lei si occupa anche di malattie rare, quali prospettive si aprono nel campo delle terapie innovative?
Quello delle malattie rare è un capitolo entusiasmante della dermatologia, per il grande fermento negli studi e per le opportunità terapeutiche rappresentate dai farmaci biologici che si stanno affacciando per molte di queste patologie. Il nostro è Centro certificatore di oltre 60 malattie rare, in cui gestisco un servizio che segue sia i bambini sia gli adulti, ho quindi la possibilità di osservare le diverse manifestazioni di molte malattie con il progredire dell’età. Alcune patologie che presentano quadri a tipo dermatite atopica, come per esempio la Sindrome di Netherton, può essere curata con lo stesso dupilumab. Per la neurofibromatosi del bambino, che seguiamo con i pediatri, si apre la possibilità data dai MEK inibitori, che si stanno dimostrando efficaci sui neurofibromi inoperabili. In molte patologie rare si aprono scenari completamente nuovi per la disponibilità di queste terapie. Anche per la mastocitosi abbiamo farmaci nuovi per le forme sistemiche e sistemiche avanzate, che vengono gestiti dall’ematologo, in una patologia che beneficia di un approccio multidisciplinare. Per la mastocitosi, abbiamo messo a punto un percorso diagnostico-terapeutico (PDTA) con un gruppo interdisciplinare a livello nazionale, che permette di creare una rete per gestire al meglio il paziente.

La malattia da Sars Cov-2 ha presentato anche sintomi dermatologici. Tra questi, sono state evidenziate lesioni simili ai geloni: quale è stata la vostra esperienza?
Noduletti tipo chilblains, che abbiamo visto in grande numero nel periodo del lockdown, erano stati inizialmente studiati con metodiche standard e non sembravano direttamente collegate al Covid, risultando negative alla presenza del virus e in assenza di contagiati in famiglia. Le abbiamo attribuite a manifestazioni del freddo, in soggetti predisposti, legate alle nuove abitudini di autoisolamento e inattività fisica. In seguito, alcuni ricercatori hanno dimostrato che soggetti con una robusta risposta immunitaria in seguito all’infezione da Sars Cov-2 sviluppavano le sole manifestazioni cutanee, in assenza di anticorpi contro il virus a livello ematico. Con l’aumento della casistica, abbiamo riscontrato questi geloni in bambini con forme lievi di Covid. Oggi penso che la correlazione con il virus esista, con due possibili scenari: soggetti che sviluppano esclusivamente chilbalins cutanei e soggetti con Covid confermato e lieve pauci o asintomatico che evidenziano anche chilblains. Questo fa pensare che i geloni anche in assenza di altri sintomi siano una manifestazione dell’infezione da Sars Cov-2 e che le metodiche a nostra disposizione non siano abbastanza sensibili per evidenziare la presenza del virus a livello tissutale in tutti i soggetti o i segni indiretti della risposta immunitaria diretta contro il virus.

 

Iria Neri

Consegue la laurea in Medicina e Chirurgia nonché la Specializzazione in Dermatologia e Venereologia all’Università di Bologna. Oggi è Dirigente Medico di I Livello presso la Clinica Dermatologica dell’Università di Bologna, dove è Responsabile di Alta Specializzazione dell’Ambulatorio di Dermatologia e Malattie Rare e complesse in età pediatrica. In questa struttura coordina la ricerca su temi di dermatologia pediatrica fra cui dermatite atopica, dermatoscopia delle lesioni melanocitiche, psoriasi, anomalie vascolari, malattie rare, con una attività scientifica attestata da quasi 300 pubblicazioni e redazione di volumi. Inoltre, è professore a contratto presso la Scuola di Specialità in Dermatologia dell’Università di Bologna. Past Presidente della Società Italiana di Dermatologia Pediatrica, è referente per la Dermatologia a Bologna del Network Italiano delle Laminopatie e del Registro Italiano Mastocitosi (RIMA).

 

Con l’aumento della casistica, abbiamo riscontrato questi geloni in bambini con forme lievi di Covid