Psoriasi, Aifa ammette la rimborsabilità del bimekizumab

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Psoriasi, Aifa ammette la rimborsabilità del bimekizumab

Psoriasi, Aifa ammette la rimborsabilità del bimekizumab

LAifa, Agenzia italiana del farmaco, ha approvato la rimborsabilità di bimekizumab, anticorpo monoclonale per il trattamento della psoriasi a placche da moderata a severa.

Con l’approvazione da parte della Commissione Europea nell’agosto del 2021, bimekizumab è il primo trattamento per questa patologia progettato per inibire selettivamente e direttamente le interluchine IL 17 A, e IL 17 F, molecole messaggere del sistema immunitario all’organismo che svolgono un ruolo chiave nei processi infiammatori.

La psoriasi

La psoriasi è una malattia della pelle infiammatoria cronica, non contagiosa, che in Italia colpisce circa 2 milioni di persone.

Ha la stessa incidenza nei due sessi e può insorgere a qualsiasi età. Solitamente compare per la prima volta tra i 20 e i 30 anni, mentre è rara nei bambini. Un secondo picco di incidenza si registra nella fascia di età tra i 50 e i 60 anni.

I sintomi della psoriasi

I sintomi più comuni sono secchezza della cute, arrossamento, prurito ed eritema, dolore articolare, sensazione di bruciore e sanguinamento.

La psoriasi, però, non deve essere considerata solo una malattia della pelle. Si tratta, infatti, di un’affezione ad interessamento sistemico, associata a molte altre patologie, prima fra tutte l’artrite psoriasica, che interessa fino al 30% dei malati, oltre a disturbi articolari, metabolici, cardiovascolari e intestinali.

Il ruolo di bimekizumab

«Bimekizumab è un anticorpo monoclonale diretto sia contro l’interluchina 17 A sia contro l’interluchina 17 F, diverso, dunque, rispetto alle altre molecole disponibili oggi, che sono dirette solo contro l’interluchina 17 A o contro il suo recettore – ha spiegato il professor Paolo Gisondi, associato di dermatologia presso l’Azienda ospedaliera universitaria integrata di Verona, in occasione della conferenza stampa negli studi Sky di Milano –. Questa non è solo una differenza ‘classificativa’, ma lo è in termini di efficacia. Perché per medici e pazienti, bimekizumab costituisce un’ottimizzazione dei trattamenti in essere. I tempi di somministrazione, poi, sono molto agevoli: si passa, infatti, da due iniezioni sottocutanee una volta al mese nella fase di induzione, a una volta ogni due mesi in quella di mantenimento. Questo aiuta anche la compliance, che è un elemento importante per gestire al meglio la terapia e ottenere una remissione clinica della patologia».

«Le aspettative dei pazienti psoriasici sono molto alte, anche perché negli ultimi anni l’informazione sulla patologia e sulle soluzioni terapeutiche è aumentata, così come la consapevolezza di poter curare e gestire una malattia di cui soffrono da decenni e per la quale non hanno avuto una risposta adeguata – ha aggiunto il dottor Piergiorgio Malagoli, responsabile PsoCare Unit dell’IRCCS Policlinico San Donato di Milano –. Anche se l’armamentario terapeutico per la psoriasi è oggi costituito da molecole innovative in grado di garantire un alto livello qualitativo, la novità del meccanismo d’azione di bimekizumab lo mette nelle condizioni di misurarsi sia nei confronti dei pazienti naïve, sia in coloro che hanno sperimentato fallimenti con altri trattamenti, permettendo di compensare le difficoltà incontrate. Oltre all’efficacia, poi, il farmaco ha manifestato un buon profilo di sicurezza. E questo – ha concluso il Dottor Malagoli – è fondamentale per una malattia cronica come la psoriasi. Con queste molecole, infatti, vengono bloccate le citochine infiammatorie, ma se si sospende la terapia, nella maggior parte dei casi la malattia si ripresenta. Ecco perché avere oggi a disposizione farmaci che possono essere utilizzati per lunghi periodi di tempo, permette di avere malati di psoriasi con un controllo pressoché totale della malattia».

Gli indici di gravità PASI

La diagnosi della psoriasi è prevalentemente clinica e la sua gravità si misura in base all’estensione delle lesioni, al grado di eritema, desquamazione e infiltrazione, alla risposta alle terapie e al livello di disabilità sociale e psicologica che causa a chi ne è affetto.

Gli indici di gravità clinica sono il PASI (Psoriasis Area Severity Index) o la superficie corporea interessata BSA (Body Surface Area), mentre l’indice di Qualità di Vita come il DLQI (Dermatology Life Quality Index) dovrebbe essere impiegato in associazione con i due sopracitati.

La psoriasi può avere, infatti, conseguenze rilevanti non solo fisiche ma anche personali, sociali e di relazione, alterando negativamente la qualità di vita del paziente.

L’indice PASI è, inoltre, utile a valutare l’efficacia dei trattamenti sistemici. PASI 100 è l’outcome che individua una completa remissione dei sintomi, mentre PASI 50 è indice di un fallimento della terapia.

La risoluzione profonda della malattia cutanea trova ampio spazio nelle Linee Guida europee del 2020 prodotte dall’European Dermatology Forum che suggeriscono di considerare la risoluzione parziale (PASI 90) o completa (PASI 100) della malattia cutanea come l’obiettivo terapeutico cui mirare.

Anche la velocità di risposta al trattamento si rivela particolarmente importante nei caso di psoriasi e severa. I pazienti, poi, che inizialmente raggiungono una clearance completa, aspirano ad avere una risposta di lunga durata. Ma difficilmente le persone con psoriasi trovano risposte adeguate ai loro desideri.

Anche la velocità di risposta al trattamento si rivela particolarmente importante nei caso di psoriasi severa. I pazienti, poi, che inizialmente raggiungono una clearance completa, aspirano ad avere una risposta di lunga durata. Ma difficilmente le persone con psoriasi trovano risposte adeguate ai loro desideri.

Lo studio

A questo proposito, alla luce dei risultati dei trial registrativi e dei dati a tre anni di uno studio di estensione, è emerso che bimekizumab consente il raggiungimento simultaneo degli obiettivi sopracitati: efficacia, rapidità e durata.

I dati dello studio open label extension BE BRIGHT, presentati all’ultimo Congresso dell’Accademia Europea di Dermatologia e Venereologia-EADV, hanno dimostrato come oltre otto pazienti su dieci (82%) che con bimekizumab hanno ottenuto la completa skin clearance (PASI 100) dopo 16 settimane di trattamento, hanno mantenuto la risposta PASI 100 e la qualità di vita correlata alla salute fino a 3 anni.

I dati raccolti fino a tre anni di trattamento nei trial clinici di Fase 2 e 3 (BE VIVID, BE READY, BE SURE) hanno dimostrato, poi, che il farmaco, in questo lasso di tempo, è stato generalmente ben tollerato, senza alcun problema di sicurezza.

Oltre alle soluzioni terapeutiche, per adeguare le aspettative delle persone affette da psoriasi con quelle della comunità medico-scientifica, è importante promuovere un dialogo costruttivo tra tutti i soggetti coinvolti nel miglioramento delle condizioni di vita dei pazienti.