Il filler conquista

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Degli oltre 13,6 milioni di interventi estetici non chirurgici censiti nel 2019 a livello globale dalla International Society of Aesthetic Plastic Surgery (ISAPS), che ogni anno elabora e pubblica le statistiche di tutti gli interventi estetici, in Italia ne sono stati eseguiti circa 774.000. Il nostro paese è, in base a questi dati, al quinto posto nella classifica mondiale per il ricorso al chirurgo estetico, dietro Stati Uniti, Brasile, Giappone e Messico, primo in Europa, con un numero totale di interventi, comprendendo anche quelli chirurgici, che supera il milione.
L’iniezione di filler a base di acido ialuronico risulta tra le pratiche non chirurgiche più eseguite in Italia, costituendo il 39,2% di questo tipo di interventi, seconda solo all’infiltrazione di tossina botulinica, che ne costituisce il 40,7%. Fra gli iniettabili, si affaccia l’idrossiapatite di calcio, con il 2,3% degli interventi e, pur con numeri molto inferiori, l’acido polilattico (0,5%).
A livello mondiale, tutta l’area della chirurgia a fini estetici risulta in aumento: ISAPS, nel suo Report pubblicato lo scorso dicembre, stima +7,4% nel 2019 rispetto al 2018, +24,2% rispetto al 2015. Le pratiche non chirurgiche crescono in misura lievemente superiore, +7,6% rispetto al 2018 e, fra queste, gli iniettabili registrano +8,6%, proprio in relazione all’aumentato ricorso ad acido ialuronico (+15,7%), idrossiapatite di calcio (+64,9%) e acido polilattico (+24%).
Di questa importante area della pratica del chirurgo e del medico estetico parliamo con Riccardo Testa, primario dell’Unità Operativa di Chirurgia Plastica dell’Istituto Clinico Città Studi di Milano, Co-Fondatore di Laser Clinic Milano, che esercita anche come libero professionista a Milano e Pavia.

Dott. Testa Riccardo

Considerando la maggior richiesta di filler, vi aspettate un aumento della casistica delle complicanze?
Indubbiamente il ricorso alla chirurgia plastica ed estetica e, a maggior ragione, alla medicina estetica è in aumento, in parte per l’accessibilità ai professionisti e ai trattamenti, in parte perché sta diventando alla portata di tutti anche dal punto di vista culturale, come approccio alla cura della persona. In teoria questa base aumentata di casistica potrebbe portare a un incremento dei rischi di complicanze. Tuttavia, c’è una miglior gestione del rischio, dovuta a una sempre più dettagliata conoscenza delle sostanze che si utilizzano e dell’anatomia dei distretti interessati all’impianto di filler. Non sempre, però, questi interventi vengono effettuati dal chirurgo plastico, e questo comporta un livello di rischio in più. Si tratta comunque di procedure molto sicure, anche se il rischio di complicanze non è mai nullo, indipendentemente dalla buona pratica. Le complicanze più comuni sono quelle infettive. Si tratta di casi non frequenti, soprattutto perché i professionisti negli ambulatori aderiscono alle migliori pratiche che riducono questi rischi. Ciononostante, anche lavorando bene, purtroppo occasionalmente può capitare, ad esempio trattando cuti molto sebacee, a cui è legato un rischio più elevato. Fondamentale trattare queste infezioni ai primi sintomi, per cui è importante sollecitare i pazienti a dare un feedback sul trattamento e a presentarsi ai controlli per avviare precocemente l’eventuale terapia antibiotica, drenaggio, ecc. Complicanze gravi, molto più rare, sono le necrosi cutanee, causate da chiusura accidentale di un vaso in seguito all’inserimento del filler. In altri casi possono essere generati da compressione, dovuta all’inserimento di una quantità eccessiva di prodotto. Queste complicanze, che in distretti specifici come la zona peri-labiale o il naso possono dare esiti anche gravi, si evitano perfezionando la conoscenza della tecnica e dell’anatomia. Il manifestarsi di questi problemi è spesso legata a non corretta esecuzione. Su questi rischi il paziente deve essere correttamente informato, parallelamente al fatto che dovrà mettere in conto l’eventuale insorgere di gonfiore o di qualche ecchimosi, effetti questi piuttosto comuni nel decorso post-operatorio di questi interventi.

Quali sono i materiali emergenti?
Il filler più diffuso è l’acido ialuronico, perché è versatile e maneggevole, può anche essere in parte rimuovibile, in caso di necessità, andando a scioglierlo con alcune sostanze. Un filler che si tende a utilizzare è l’idrossiapatite di calcio, che offre buoni risultati nel rimodellamento dei profili del volto, su superfici estese, con una durata superiore a quella di un filler a base di acido ialuronico. Inoltre, con tecniche particolari che prevedono la sua opportuna diluizione, è un materiale che si è rivelato utile anche nel ringiovanimento della cute, per l’effetto di biostimolazione che provoca nel lungo periodo, con produzione di collagene ed elastina, da applicarsi negli strati più superficiali in varie zone del corpo, ad esempio le mani. Oggi disponiamo di diversi materiali riassorbibili, che offrono ampie possibilità di ottenere risultati molto naturali. Risulta quindi una pratica altamente sconsigliabile e obsoleta l’applicazione di filler permanenti e semipermanenti.

Le linee guida delle società scientifiche li sconsigliano…
Per quanto i filler permanenti siano quasi tutti illegali, perché è noto che danno nel tempo molti problemi, purtroppo il ricorso a questi materiali, pur estremamente raro, non è del tutto abbandonato. Quanto ai semipermanenti, giocano spesso sull’ambiguità di essere più duraturi, ma questo può essere dovuto al fatto che hanno una componente riassorbibile e una componente che, di fatto, è permanente. Oltre ai problemi che possono causare, c’è da sottolineare che, dal punto di vista estetico, inserire un materiale che al modificarsi naturale del volto rimane uguale a sé stesso, senza potersi integrare, è molto discutibile. Peraltro, limita anche enormemente le possibilità di modifiche e ritocchi futuri, in quanto non è opportuno intervenire dove sia presente un materiale permanente.

Da qualche anno l’estetica del volto ha un alleato anche nel lipotransfer, ci sono casi in cui è consigliabile, in alternativa al filler?
È una tecnica molto bella, che offre possibilità di correzione importanti. Ha avuto una fase di massima diffusione qualche anno fa, quando il Dottor Coleman ha introdotto nuovi concetti di approccio. Trattandosi di una vera e propria tecnica chirurgica, non è una vera alternativa al filler, anche se le indicazioni sono in parte sovrapponibili. Ha il vantaggio di utilizzare materiale autologo,  ma la procedura e le apparecchiature sono complesse. Se ne ottengono ottimi risultati, anche perché migliora la qualità della pelle in virtù dell’apporto del grasso, che conferisce trofismo alla cute e cellule staminali, di cui questo tessuto è ricco. Si utilizza non solo per ricostituire i volumi del viso ma anche in chirurgia ricostruttiva. Nelle ricostruzioni mammarie, per esempio, su pelli trattate con radioterapia si ottengono miglioramenti notevoli in volume e qualità della pelle, un aspetto importantissimo in queste pazienti. Per l’estetica del volto, si ricorre a questa tecnica per riempimenti più importanti rispetto al semplice filler, per attenuare i solchi naso-genieni, a livello degli zigomi e del mento, per rimodellare i volumi del volto. Si può usare anche nella liposcultura del corpo, per aumentare il seno o i glutei, per correggere cicatrici depresse o esiti di precedenti liposuzioni, riempire irregolarità cutanee nonché su esiti cicatriziali, anche da ustione.

https://www.isaps.org/medical-professionals/isaps-global-statistics/