Trasformazione neoplastica dei cheratinociti e differenziamento

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Antonio Costanzo
Antonio Costanzo
Antonio Costanzo

Un concetto che sta trovando conferma rispetto al processo di trasformazione da cheratinociti a cellule maligne è il ruolo importantissimo del differenziamento. Antonio Costanzo, professore associato di Dermatologia presso l’Università La Sapienza di Roma e direttore della UOC Dermatologia dell’Azienda Ospedaliera Sant’Andrea, riassume i risultati di uno studio svolto dal suo gruppo di ricerca, grazie al finanziamento Airc, delineando possibili sviluppi terapeutici.

«L’osservazione comune che un tumore poco differenzato è “più cattivo” e uno molto differenziato è “più buono” ci ha portato a indagare i meccanismi che intervengono nella trasformazione del cheratinocita in relazione al differenziamento. Il nostro studio ha evidenziato che alcuni fattori coinvolti nello sviluppo della pelle e nel differenziamento dei cheratinociti da cellule che proliferano a cellule che producono cheratina impediscono la trasformazione neoplastica, inducendo il differenziamento della cellula che, quindi, non può più proliferare. Si tratta di quei fattori trascrizionali che, nel corso dello sviluppo embrionale, presiedono alla formazione degli organi che dipendono dalla pelle, come gli arti o il cranio. Mutazioni che coinvolgono questi fattori sono in effetti responsabili di malattie genetiche come le displasie ectodermiche, che comportano ectrodattilia, palatoschisi e sintomi cutanei».

Questi stessi fattori controllano il differenziamento delle cellule della pelle. Il tumore è di fatto un organo, su cui questi fattori dimostrano di avere influenza: «In particolare abbiamo osservato ‒ aggiunge Antonio Costanzo ‒ che l’alterazione di questi fattori predispone alla proliferazione e alla mancanza del differenziamento quindi a una maggiore malignità. Questo lascia pensare che, potenziando l’espressione di questi fattori, si possa impedire la trasformazione a cellule tumorali bloccando la proliferazione e inducendo il differenziamento delle cellule, quindi togliendo loro la possibilità di accumulare quelle mutazioni che le porterebbero a trasformarsi. Considerando potenziali sviluppi terapeutici, sembra possibile, dal punto di vista farmacologico, intervenire a diversi livelli su questi meccanismi. Per esempio, sappiamo che alcuni farmaci in uso in oncologia possono provocare tumori della pelle proprio perché bloccano questi fattori. Questo spiega perché alcuni inibitori di Notch riducono la leucemia ma inducono i tumori della pelle. Vedo un utilizzo non lontano nella gestione delle lesioni precancerose come le cheratosi attiniche che, grazie allo sviluppo di terapie differenziative, potrebbero essere trattate a livello topico, evitando così la chirurgia, con il vantaggio della minima invasività e della limitazione di esiti estetici».

Botti E, Spallone G, Moretti F, et al.. Developmental factor IRF6 exhibits tumor suppressor activity in squamous cell carcinomas. Proc Natl Acad Sci USA 2011; 108(33): 13710-5.