Il lupus eritematoso comprende uno spettro di malattie autoimmuni che possono interessare vari organi, come nel caso del lupus eritematoso sistemico, o esclusivamente la pelle, come nel caso del lupus eritematoso cutaneo.
Combinazioni tipiche di reperti clinici, istologici e sierologici definiscono i sottotipi clinici del lupus erimatoso cutaneo, ma esiste un’elevata variazione interindividuale.
Le lesioni cutanee insorgono in seguito a fattori scatenanti quali l’esposizione ai raggi ultravioletti (UV), il fumo o i farmaci; i cheratinociti, i linfociti T citotossici e le cellule dendritiche plasmacitoidi (pDC) instaurano un’interazione auto-perpetuante tra il sistema immunitario innato e adattativo, che è fondamentale per la patogenesi del lupus erimatoso cutaneo.
Pertanto, il trattamento si basa sull’evitare i fattori scatenanti e sulla protezione dai raggi UV, sulle terapie topiche (glucocorticosteroidi, inibitori della calcineurina) e su farmaci immunosoppressivi o immunomodulatori piuttosto aspecifici.
Tuttavia, l’avvento di terapie mirate autorizzate per il lupus erimatoso sistemico potrebbe aprire nuove prospettive nella gestione del lupus erimatoso cutaneo.
Un gruppo di ricercatori tedeschi, al fine di approfondire questo aspetto ha condotto un lavoro di revisione pubblicato sull’American Journal of Clinical Dermatology, indagando le nuove prospettive terapeutiche per la gestione del lupus erimatoso cutaneo.
La revisione
L’eterogeneità del lupus erimatoso cutaneo potrebbe essere attribuibile a variabili individuali e si ipotizza che la firma infiammatoria prevalente, definita da cellule T, cellule B, cellule dendritiche plasmacitoidi, una forte risposta lesionale all’interferone di tipo I (IFN) o combinazioni di queste possano essere adatte a predire la risposta terapeutica al trattamento mirato.
Pertanto, la valutazione istologica pre-terapeutica dell’infiltrato infiammatorio potrebbe stratificare i pazienti con lupus erimatoso cutaneo refrattario per terapie dirette alle cellule T (ad esempio, dapirolizumab pegol), terapie dirette alle cellule B (ad esempio, belimumab), terapie dirette alle cellule dendritiche plasmacitoidi (ad esempio, litifilimab) o terapie dirette all’interferone di tipo I (ad esempio, anifrolumab).
Inoltre, gli inibitori della Janus chinasi (JAK) e della tirosin-chinasi della milza (SYK) potrebbero ampliare l’armamentario terapeutico nel prossimo futuro.
Le conclusioni
Per un trattamento ottimale dei pazienti affetti da lupus eritematoso cutaneo è necessario uno stretto scambio interdisciplinare con reumatologi e nefrologi per definire la migliore strategia terapeutica, hanno concluso gli autori dello studio.
D. Niebel, L. de Vos, T. Fetter et al., Cutaneous Lupus Erythematosus: An Update on Pathogenesis and Future Therapeutic Directions, Am J Clin Dermatol. 2023 Jul;24(4):521-540. doi: 10.1007/s40257-023-00774-8. Epub 2023 May 4