Negli ultimi anni, il termine dermocosmetico è entrato stabilmente nel linguaggio della medicina estetica e dermatologica.

Non si tratta più di semplici prodotti di bellezza, ma di formulazioni nate per interagire con la fisiologia cutanea: rinforzare la barriera, riequilibrare il microbioma, modulare l’infiammazione e favorire la tollerabilità dei trattamenti medici.

Eppure, nonostante il successo di questo concetto, il confine tra cosmetica e scienza resta spesso confuso. È quindi utile tornare a chiedersi: che cosa rende davvero “clinico” un dermocosmetico?

La barriera cutanea come primo target terapeutico

La pelle non è una superficie inerte: è un organo complesso, un ecosistema in equilibrio tra cellule, lipidi e microrganismi. La sua barriera lipidica, fatta di ceramidi, colesterolo e acidi grassi, è la chiave della salute cutanea. Quando si altera, la pelle perde acqua, si infiamma e diventa reattiva.

I dermocosmetici moderni agiscono proprio qui: ripristinano la struttura lamellare dei lipidi, riducono la perdita d’acqua transepidermica (TEWL) e migliorano la funzione protettiva.

È un approccio preventivo e terapeutico al tempo stesso, particolarmente utile nei pazienti con dermatiti, acne o pelle sensibilizzata da procedure estetiche.

Microbioma e infiammazione: la nuova frontiera

Oggi sappiamo che il microbioma cutaneo (ovvero l’insieme dei microrganismi che vivono sulla pelle) è determinante per la sua salute. Quando si altera, si innesca un circolo vizioso di infiammazione, prurito e disbiosi.

Formule arricchite con prebiotici, postbiotici o acque termali ricche di minerali contribuiscono a riequilibrare l’ecosistema cutaneo e a ridurre la reattività locale.

Parallelamente, attivi come niacinamide, retinaldeide o destrano solfato si sono dimostrati capaci di modulare l’infiammazione subclinica, l’ossidazione e l’attivazione dei recettori TLR, riducendo la risposta infiammatoria senza compromettere la tollerabilità. In altre parole, il dermocosmetico non “copre” l’infiammazione, ma la modula.

Sicurezza e aderenza: la scienza della tollerabilità

La tollerabilità non è solo una caratteristica cosmetica: è una condizione clinica essenziale. Molti trattamenti dermatologici falliscono non per inefficacia, ma per scarsa aderenza dovuta a irritazione, secchezza o discomfort.

I dermocosmetici seguono oggi un approccio “safety-by-design”: pH fisiologico, pochi conservanti, nessun profumo sensibilizzante, test clinici su pelli sensibili e su popolazioni fragili, inclusi i pazienti oncologici.

In questo modo, diventano strumenti di continuità terapeutica, capaci di accompagnare il paziente prima, durante e dopo un trattamento farmacologico o estetico.

Dalla disinformazione alla responsabilità

Viviamo un’epoca in cui il paziente è bombardato da messaggi contrastanti sui social: routine miracolose, ingredienti clean, soluzioni fai-da-te.

Mai come oggi serve una guida medica autorevole che riporti la dermocosmesi al suo senso originario: prendersi cura della pelle con criteri di scienza e coscienza.

Il medico (dermatologo o estetico) non è un testimonial, ma il filtro critico che distingue tra pura comunicazione e validazione scientifica. La sua raccomandazione di un prodotto dermocosmetico non è un gesto commerciale, ma un atto clinico e deontologico: significa consigliare ciò che tutela la barriera, riduce il rischio di reazioni e migliora la qualità di vita del paziente.

Un nuovo paradigma di cura

Integrare i dermocosmetici nella pratica medica significa cambiare prospettiva:
non più curare quando la pelle è malata, ma mantenere la salute cutanea nel tempo, prevenendo disfunzioni e fragilità.

La dermatologia e la medicina estetica possono così incontrarsi in una visione comune: la dermatologia integrata, dove il dermocosmetico è parte di un percorso clinico, non di un rituale di bellezza.

Il valore del dermocosmetico va oltre la superficie. È nella sua capacità di ripristinare, proteggere e supportare la pelle, con la stessa logica di rispetto che il medico deve avere verso ogni organo del corpo.

In questo senso, il dermocosmetico non è il “fratello minore” del farmaco, ma il suo naturale alleato nella medicina del futuro: una medicina che cura, accompagna e ascolta la pelle.

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