È il secondo tumore più frequente negli uomini sotto i 50 anni, il terzo tra le donne della stessa fascia d’età. Contro il melanoma, però, adesso un supporto arriva dall’intelligenza artificiale, che affianca il dermatologo nell’individuazione e nella diagnosi delle lesioni pigmentate attraverso una mappatura dei nei di ultima generazione.
«La dermatologia si trova in una grande fase di evoluzione: con l’avvento di queste tecnologie si appresta una trasformazione più profonda che coniuga il linguaggio clinico e quello algoritmico – spiega a Dermakos Bruno Mandalari, dermatologo del Centro Diagnostico Italiano, che nel suo centro di Largo Augusto a Milano dispone di questa strumentazione –. Dovremo accogliere questo progresso non come una minaccia, ma come una naturale estensione delle nostre competenze. Questa evoluzione ci sta indirizzando sempre più verso una dermatologia di precisione, attraverso questi schermi e questa videodermatocoscopia digitalizzata ad alta risoluzione, la valutazione cutanea è sempre più accurata predittiva e integrata con strumenti di IA».
La videodermatoscopia a alta risoluzione, già oggi strumento fondamentale per la diagnosi, assistita da IA, si arricchisce di nuove funzionalità: dall’identificazione automatica dei nei sospetti all’analisi strutturale di pattern non ancora classificati nei sistemi tradizionali.
La Mappatura Nei Total Body Advanced
Lo strumento attraverso cui tutto questo viene realizzato è la Mappatura Nei Total Body Advanced, un nuovo esame che, grazie a un sistema di 92 telecamere, in pochi decimi di secondo fotografa ogni lesione pigmentata sul corpo del paziente ad altissima definizione. Le immagini così acquisite vengono classificate secondo parametri morfologici e inserite in una mappa tridimensionale del corpo del paziente.
Durante la prima visita, il Total Body Mapping prevede tre passaggi: la conta delle lesioni pigmentate, la mappatura completa della loro distribuzione e il tag delle lesioni atipiche, per poi permettere allo specialista di eseguire una videodermatoscopia mirata su ognuna di esse.
L’analisi, assistita dall’intelligenza artificiale, consente di potenziare la capacità del medico nella fase di valutazione. Il sistema elabora le immagini acquisite e segnala le lesioni potenzialmente atipiche, confrontandole con modelli appresi da grandi insiemi di dati clinici che sono i database.
L’obiettivo non è automatizzare la diagnosi, ma fornire un supporto oggettivo e strutturato, capace di orientare con maggiore precisione il giudizio clinico. L’alta definizione non è solo una questione di qualità visiva, ma il fondamento per un’analisi algoritmica precisa, capace di rilevare micro-variazioni morfologiche impercettibili all’occhio umano. È il punto di partenza per un’integrazione efficace tra osservazione clinica e supporto digitale L’intelligenza artificiale non è al posto ma al fianco del dermatologo.
La diagnosi
«L’esito diagnostico finale è sempre responsabilità di noi specialisti dermatologi. La tecnologia può supportare il percorso, ma la decisione clinica è un atto complesso. È il giudizio del clinico che è importante», sottolinea Mandalari.
Centrale è anche la raccolta anamnestica: «L’anamnesi viene fatta direttamente dallo specialista con il paziente. Il nostro obiettivo è superare le limitazioni insite nelle tecniche diagnostiche tradizionali. Questa collaborazione tra IA, fibra ottica che rileva le immagini ad alta risoluzione, anamnesi ed esperienza clinica crea un sistema sinergico che aumenta l’accuratezza diagnostica», sottolinea lo specialista.
Il follow-up
Il ruolo del dermatologo e il supporto della IA non si esaurisce con la diagnosi seguita alla mappatura. «È fondamentale la gestione del follow-up dei pazienti a rischio, da pianificare in maniera personalizzata anche in base alla storia clinica e alla familiarità del paziente, con controlli ogni sei o dodici mesi – sottolinea il dermatologo –. La conservazione delle immagini scattate è importante perché permette un preciso confronto tra prima e seconda visita e consente di rilevare anche le minime variazioni su tutti i nevi del corpo, comprese quelle non percepibili facilmente ad occhio nudo. Questo significa anche un risparmio di interventi e di asportazioni inutili. Intervenire precocemente sul melanoma ha una percentuale di sopravvivenza del 90-96% se il melanoma è in fase iniziale».
Del resto, ricorda Mandalari, i numeri parlano chiaro: «L’incidenza del melanoma è in aumento costante. La sorveglianza deve essere ripensata anche in chiave predittiva e supportata tecnologicamente. L’adozione di strumenti intelligenti rappresenta una risposta concreta a questa crescente incidenza e al bisogno di diagnosi precoce».
 
            