Medicina potenziativa e deontologia

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Il nuovo Codice deontologico dedica l’articolo 76 alla medicina potenziativa, intesa come “intenzionale modifica e/o potenziamento del naturale funzionamento psicofisico dell’uomo”. Per molto tempo il termine “medicina” ha indicato solo quella disciplina dedita al ripristino delle condizioni di salute di fronte alla malattia. Il dibattito verteva sul classificare la medicina fra le scienze o fra le arti. Oggi invece il concetto di salute si è progressivamente spostato verso quello di benessere e la medicina tradizionale, curativa, ha lasciato spazio a medicine di diverso impatto, come le cosiddette medicine potenziative, fra cui la medicina e la chirurgia estetica.

Il termine “potenziativo” nella nostra lingua evoca un senso di elevazione, di rafforzamento, quasi un doping della nostra salute, come se il medico avesse il potere di creare dei superuomini e delle superdonne. Il progressivo allungarsi della vita umana, che ha origini nel miglioramento delle condizioni socio-economiche, alimentari e terapeutiche, va di pari passo con il vertiginoso progresso della tecnologia, e questi due momenti confluiscono nella possibilità di migliorare il valore della performance umana in tutto e per tutto, compresa l’apparenza.

Di fatto, il Codice accoglie, previo consenso informato, la possibilità di introdurre condotte di potenziamento da parte dei medici. La medicina estetica è soltanto uno dei molti aspetti attraverso cui oggi si manifesta la medicina potenziativa, che va dalla riprogrammazione genetica delle cellule, alle terapie monoclonali personalizzate, alla fecondazione assistita, alla chirurgia robotica, alle nanotecnologie neuronali, ecc. Il tutto in una ottica di rivoluzione totale dei rapporti medico-paziente dovuta alla diffusione planetaria delle informazioni per tutti.

Le procedure mediche e chirurgiche di tipo potenziativo si collocano nel dibattito fra coloro che sostengono che le tecnologie miglioreranno l’Umanità e coloro che, al contrario, vedono una minaccia alla dignità umana. Nell’ottica potenziativa, post-umana, la natura risulta migliorabile con l’uso della scienza. D’altro canto, la visione bioconservatrice teme che la creazione di esseri umani “modificati” possa portare al tentativo di rifiuto della onnipotenza di Madre natura e alla possibile minaccia al principio di uguaglianza. È chiaro che questo dibattito non è risolvibile se non attraverso il filtro della deontologia, cioè il comportamento responsabile del medico in ogni atto della condotta professionale, compreso il consenso informato, che diviene di fatto un passaggio ineludibile, in quanto previsto dal Codice deontologico, per qualsiasi procedura a finalità estetica.

Giovanni Salti