Granulomi da filler permanente: un approccio minimamente invasivo

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beauty woman close up injecting cosmetic treatmentPer la terapia dei granulomi da filler permanente si apre una nuova possibilità grazie a una tecnica che si fonda sulla termoliquefazione del materiale all’interno del granuloma, ottenuta per effetto termico laser-guidato attraverso l’inserimento di una fibra ottica; il materiale viene poi estratto per pressione attraverso piccole incisioni a livello della lesione. Il metodo è stato sviluppato da Giorgio De Santis e dal suo team del Policlinico di Modena, presso la Struttura complessa di Chirurgia plastica ricostruttiva da lui diretta. La tecnica e l’esperienza del Policlinico di Modena tra il 2006 e il 2013 sono state appena pubblicate sulla rivista Plastic & Reconstructive Surgery (PRS).

«Intorno agli anni 2000 ci siamo trovati ad affrontare le ricadute di quello che fu l’uso e l’abuso dei filler permanenti nei due decenni precedenti – riporta De Santis, che è anche ordinario di Chirurgia plastica all’Università di Modena e Reggio e presidente di Sicpre. – Il ricorso a questi presidi, che all’epoca erano legali, a quel tempo è stato indiscriminato, ma non se ne conoscevano le conseguenze a lungo termine. Il silicone liquido era allora considerato scevro da rischi in quanto bioinerte ed era visto come il materiale ideale per supportare interventi che volevano essere permanenti, secondo il concetto in voga negli anni ‘80 e ‘90 che vedeva l’impianto definitivo come il più idoneo a soddisfare le esigenze dell’utenza rispetto ai trattamenti riassorbibili, che avrebbero necessitato di ritocchi periodici, costosi in termini di denaro e di disagi per i pazienti».

Le formazioni da corpo estraneo conseguenti a questi impianti si sono viste in seguito, dopo alcuni anni, prosegue De Santis: «Inizialmente si presentavano sotto forma di gonfiori localizzati temporanei, che poi si evolvevano in formazioni nodulari o cistiche, oppure in formazioni infiltrative, con deformazioni nelle zone di iniezione (labbro, zigomo, fronte o guancia) e indurimenti, che molto spesso si trasformavano in vere e proprie deturpazioni».

Una patologia emergente, a cui il reparto diretto da De Santis ha risposto ideando la tecnica minimamente invasiva che interviene dall’interno del granuloma.

I 219 pazienti presi in esame nello studio pubblicato su PRS, di età media 49 anni e di cui 204 donne, sono stati valutati attraverso esame ecografico ai fini di classificare le lesioni in cistiche (inserti localizzati) o infiltrative (inserti diffusi). L’approccio terapeutico è stato differente nei due casi: la distribuzione infiltrativa è stata trattata con il solo trattamento laser intralesione; le distribuzioni cistiche sono state anche drenate attraverso incisioni. I risultati riferiscono una scomparsa totale della lesione nel 62% dei casi trattati, un miglioramento nel 30% dei pazienti, mentre in un 8% dei casi il trattamento è stato non soddisfacente. Le complicanze comprendevano: gonfiore temporaneo in tutti i casi, ematomi nel 2% dei pazienti, ascessi secondari sterili nel 9,5% dei casi, piccole cicatrici nel 10%.

«Questa tecnica ha portato a un miglioramento nel 92% dei casi. Considerando che i trattamenti farmacologici, basati sulla somministrazione di cortisonici, non sono percorribili a lungo termine e che la chirurgia comporta la permanenza di cicatrici, questo metodo si affianca alle terapie disponibili con risultati soddisfacenti» conclude De Santis.

Cassuto D, Pignatti M, Pacchioni L, et al. Plastic & Reconstructive Surgery 2016; 138 (2): 215-227.