Fotografia e ottica non invasiva nella valutazione del risultato clinico

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L’acquisizione di immagini per una corretta valutazione di patologie e inestetismi dermatologici è divenuta indispensabile per i professionisti del settore. Per una attenta analisi del paziente, il dermatologo e il medico estetico, oltre a effettuare una accurata visita clinica, utilizzano diverse strumentazioni per l’acquisizione d’immagini che integrano e perfezionano la diagnostica e l’efficacia del trattamento.

di Giovanni Cannarozzo * ** , Mario Sannino **, Cristiano Morini * , Paolo Bonan *, Piero Campolmi *

* Dipartimento di Scienze Dermatologiche, Università degli Studi di Firenze

** ILAD (Italian Laser Academy of Dermatology)

Nel corso degli anni la fotografia digitale si è dimostrata una tecnologia a basso costo, facile da utilizzare, versatile, tale da rendere indispensabile il suo utilizzo in campo medico. La possibilità di osservare le immagini fotografiche sul monitor del computer aiuta il lavoro del professionista e contribuisce a rendere più chiari e oggettivi i rapporti fra medico e paziente. La corretta visione di immagini che documentano nel tempo inestetismi e patologie dermatologiche con i relativi trattamenti e modificazioni, con possibilità di sovrapponibilità immediata, contribuisce a una più veloce e precisa valutazione del risultato clinico e migliora la comunicazione con il paziente.

In associazione con l’indagine in epiluminescenza, la fotografia digitale porta un grande contributo all’archiviazione e localizzazione delle lesioni pigmentate, per poter verificare nel tempo l’evoluzione di ogni lesione presente sul paziente. Grazie a specifici software, il computer organizza in modo semplice e automatico le immagini, per una successiva consultazione, registrandole per data, tipologia di intervento e valutazione clinica. Gli strumenti digitali di elaborazione dell’immagine consentiranno in seguito di enfatizzare le caratteristiche vascolari, pigmentarie e di texture cutanea.

Purtroppo una valutazione corretta del risultato clinico per immagini non potrà essere ottenuta semplicemente attraverso lo scatto della macchina fotografica, ma dovrà essere introdotto un sistema di standardizzazione della sessione di scatto per ottenere nel tempo la riproducibilità dei colori, della posizione del paziente e dei parametri operativi. Questa esigenza è maggiormente sentita se la valutazione del follow-up è eseguita su soggetti sottoposti a correzioni estetiche. Ciò significa creare un ambiente dedicato per lo scatto fotografico in cui paziente, macchina fotografica, stativo e sistema di illuminazione possano mantenere le stesse distanze operative, meglio se assistiti da software per l’impostazione automatica dei parametri di scatto, quali zoom, risoluzione e sensibilità della pellicola o del sensore digitale.

Nella pratica dermatologica e nella ricerca clinica le informazioni visive sono di primaria importanza per un’accurata diagnosi e classificazione delle lesioni cutanee. Tuttavia, l’ispezione visiva è soggettiva, non lineare e talvolta semi-quantitativa. Nonostante la capacità dell’occhio umano di distinguere i colori, non siamo in grado di quantificare con precisione la nostra percezione del colore senza mezzi strumentali. Vi è la necessità, quindi, di una misura oggettiva, quantitativa e non invasiva per poter valutare la composizione della pigmentazione e della vascolarizzazione della cute. L’esigenza di avere sistemi che permettono la valutazione della pigmentazione e della vascolarizzazione di lesioni o inestetismi cutanei, è divenuta di fondamentale importanza per una corretta valutazione diagnostica mirata alla scelta del miglior approccio terapeutico (ad esempio scelta della lunghezza d’onda di un sistema laser). Le acquisizioni fotografiche standard, anche se dotate di alta risoluzione grafica, non sono in grado di rendere correttamente la tridimensionalità e i dettagli più fini della lesione o dell’inestetismo cutaneo. Altri sistemi come i calchi in silicone, alginato, gesso o altri materiali sono risultati troppo laboriosi e creano difficoltà alle procedure di digitalizzazione necessarie per un’analisi quantitativa. Nuovi sistemi di diagnostica non invasiva sfruttano un sistema di misurazione ottica in 3D (tridimensionali) che è in grado di risolvere questo tipo di limitazioni e offrire all’operatore un dispositivo adeguato per archiviare, analizzare, riprodurre ed elaborare i dati ricavati dalle immagini cliniche.